Visualizzazione post con etichetta energie rinnovabili. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta energie rinnovabili. Mostra tutti i post

domenica 31 gennaio 2016

400 anni di esplosione demografica

Da “The Conversation”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Di James Cridland

Per quasi tutti i 200.000 anni di storia della nostra specie, la relazione dell'uomo con la Terra non è stata diversa da quella di qualsiasi altro animale. Tutta la loro energia veniva fornita direttamente dal Sole. La luce del Sole catturata dalle piante usando la fotosintesi veniva convertita in cibo e combustibile. Mangiavano radici, frutti e cereali (ed animali che mangiavano a loro volta radici, frutti e cereali) per fornire ai loro corpi energia. Bruciavano legna per tenersi al caldo e grasso per far luce di notte.

Era una strategia di successo per la sopravvivenza e in decine di migliaia di anni la popolazione umana si è diffusa su sei continenti. Tuttavia, parte di questo ciclo solare naturale, c'era un limite al numero di persone che il loro stile di vita poteva sostenere e il numero totale di abitanti fluttuava al di sotto dei 500 milioni e dipendeva da malattie, guerre e fornitura di cibo.

Poi, 350 anni fa, tutto è cambiato. Abbiamo iniziato a integrare il nostro fabbisogno energetico con carbone e petrolio (gli esseri umani hanno usato il carbone dalla preistoria, ma non su larga scala). Si trattava ancora di energia proveniente dai raggi del Sole, ma in questo caso raggi vecchi di milioni di anni. In meno di due secoli la popolazione umana è esplosa, raddoppiando in dimensione fino ad 1 miliardo di persone. Da allora ha continuato a crescere, ma il tasso di cambiamento è aumentato significativamente. Ci sono voluti 100.000 anni per raggiungere il primo miliardo di persone. Oggi stiamo aggiungendo un miliardo ulteriore ogni 12 anni. Il risultato è un enorme pressione su tutte le risorse naturali. Negli ultimi due decenni assisteremo ad aumenti enormi della domanda di energia, cibo ed acqua – una tempesta perfetta.

giovedì 5 marzo 2015

Il caso Willie Soon: perché è un'idea pessima non dichiarare i propri conflitti di interesse potenziali nella ricerca scientifica

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Willie Soon, scienziato al Harvard-Smithsonian ha preso oltre 1 milione di dollari dalle società di combustibili fossili per finanziare i suoi studi e non ha dichiarato il suo conflitto di interesse negli articoli che ha pubblicato, dove ha negato il ruolo umano nel cambiamento climatico. 


Qualche anno fa, qualcuno si è accorto che ero proprietario di quote in una società che lavora sulle nuove tecnologie nell'eolico. Questo ha generato un attacco contro di me da parte di alcni sostenitori della fusione fredda.

L'attacco era basato su una sorta di sillogismo aristotelico che andava così: tesi, Ugo Bardi ha criticato la fusione fredda: antitesi: Ugo Bardi ha investito nell'energia eolica; sintesi: Ugo Bardi critica la fusione fredda solo perché vuole i soldi che può guadagnare con l'eolico. Sì, il livello del dibattito può arrivare così in basso! (*)

Naturalmente, queste accuse erano totalmente assurde ma, per un po', l'attacco ha acquisito una certa trazione nel web ed ha generato un'ondata di insulti e diffamazioni contro di me (alcuni dettagli qui). Questo successo iniziale era basato sull'affermazione che avevo nascosto qualcosa di oscuro e vergognoso che poteva essere svelato solo dopo una difficile investigazione. Sfortunatamente per coloro che avevano dato inizio all'attacco, il mio coinvolgimento con quella società non era un segreto e scoprirlo non necessitava di alcuna investigazione. L'avevo dichiarato pubblicamente almeno tre anni prima! Ho solo dovuto evidenziare le mia precedente dichiarazione per vedere sgonfiarsi e scomparire tutto il trambusto.

Questa storia mostra quanto sia importante dichiarare tutti i propri conflitti di interesse potenziali, a prescindere da quanto possano essere remoti ed improbabili. Naturalmente, dato l'attuale livello del dibattito, qualsiasi cosa tu faccia sarai sempre frainteso ma, se lo fai apertamente, sei molto meno vulnerabile. E' una lezione che il dottor Willie Soon si è perso. Nello scandalo conosciuto come “Willie Soon-gate", lui non ha dichiarato che i suoi saggi scientifici, in cui negava l'influenza umana sul clima, erano stati finanziati dalla lobby dei combustibili fossili. E qui c'è un conflitto di interesse chiaro e diretto. Mi spiace signor Soon, ma questo non solo è imperdonabile, ma proprio stupido: pensava davvero che nessuno lo avrebbe notato? Ora, non ha difesa contro gli attacchi che sta ricevendo.

Alla fine, finché i conflitti di interesse vengono apertamente dichiarati, penso che la loro importanza non dovrebbe venire esagerata. Dovremmo giudicare una tesi scientifica nel merito, non sulla base di chi l'ha finanziata. In questo senso, forse sapete che il primo studio del “I Limiti della Crescita” (1972) è stato finanziato dalla Volkswagen. Non hanno mai tentato di influenzare o modificare i risultati dello studio, anche se suppongo che non fossero contenti di aver pagato per un lavoro che è arrivato alla conclusione che la loro attività principale fosse condannata a lungo termine!

Ho già dichiarato i miei investimenti in società che lavorano per la sostenibilità. L'ho fatto qui. Ora, lasciate che lo faccia di nuovo, aggiungendo solo alcune note sulle fonti dei miei finanziamenti di ricerca.
___________________________________________________

Dichiarazione: investimenti e fondi di ricerca in sostenibilità di Ugo Bardi

Per prima cosa, notate che sono un dipendente del governo che vive del proprio salario, quindi non posso creare grandi società o finanziare grandi campagne pubblicitarie. Ciononostante, sono riuscito a risparmiare qualche soldo nella mia carriera, così ho pensato di poterne investire una parte in attività che credo siano buone per la specie umana e – forse – con questo fare qualche soldino. Se mi chiedete se ha funzionato, be', posso citare la vecchia storia che ci sono tre modi per rovinarsi: il più rapido è scommettere, il più piacevole è con le donne e il più sicuro è con l'alta tecnologia. Ma non sono nemmeno completamente deluso. Credo che alcune di queste società risulteranno vincenti alla lunga. Ecco l'elenco completo:

Alterenergy s.r.l. (Energia fotovoltaica)
Retenergie (Energia rinnovabile)
Wind Operations Worldwide (nuove tecnologie eoliche)
Zefiro s.r.l. (Robotica e remote sensing, con qualche interesse nelle rinnovabili e nella gestione dei rifiuti).

Inoltre, ho un impianto fotovoltaico da 2,6 kW sul tetto di casa. Ho anche delle royalty su alcuni libri che ho pubblicato ma, finora, penso che avrei fatto più soldi intrecciando canestri e vendendoli. 

Circa le fonti dei mie fondi di ricerca, la maggior parte sono fondi pubblici dedicati alla scienza dei materiali, solo indirettamente alle energie rinnovabili ed alla sostenibilità. Solo una volta ho ottenuto un finanziamento da una società coinvolta nella produzione dei celle fotovoltaiche (First Solar). Tutte le rilevanti fonti di finanziamento sono dichiarate nei saggi che pubblico. 
____________________________________________________

(*)  Riguardo agli attacchi dei media che descrivo nel testo principale, posso solo aggiungere che non erano diretti solo contro di me, ma avevano un altro obbiettivo, la signora Sylvie Coyaud, giornalista del quotidiano italiano “La Repubblica”, che aveva a sua volta criticato la fusione fredda ed i suoi praticanti. L'attacco contro di lei, tuttavia, è stato molto più sgradevole e diversi idioti anonimi l'hanno insultata in termini che sfioravano le molestie sessuali. Inoltre, è stata accusata di essere stata ispirata da me in tutto quello che aveva scritto sulla fusione fredda, con la chiara implicazione che una donna non possa capire nulla di queste materie complicate. Come si suol dire, “non c'è limite al peggio!”.

mercoledì 18 febbraio 2015

Pellet: energia verde o una nuova fonte di emissioni di CO2?

Da “Resilience”. Traduzione di MR. Originariamente pubblicato su Yale Environment 360

Di Roger Real Drouin

Bruciare pellet per produrre elettricità è in aumento in Europa, dove i pellet sono classificati come forma di energia rinnovabile. Ma negli Stati Uniti, dove gli impianti per fare il pellet vengono rapidamente costruiti, crescono le preoccupazioni circa il disboscamento e il carbonio rilasciato dalla combustione di biomassa legnosa. Nel 2011, la Enviva – la più grande esportatrice di pellet degli Stati Uniti – ha aperto il suo impianto di punta per la produzione di pellet ad Ahoskie, North Carolina. L'impianto trasforma ogni anno 850.000 tonnellate di alberi e legno di scarto in sottili pellet che vengono spediti in Europa e bruciati in centrali elettriche per ciò che viene propagandata come una forma di elettricità rinnovabile.


La Dogwood Alliance della Enviva ad Ahoskie, North Carolina, impianto di produzione del pellet che trasforma ogni anno 850.000 tonnellate di alberi e legno di scarto in pellet.


Due anni dopo, la Enviva ha aperto un altro impianto di triturazione a 50 km dalla Contea di Northampton, in North Carolina, e per il 2016 è previsto che la società gestisca otto impianti di triturazione per il pellet dalla Virginia al Mississippi. Altrove negli Stati Uniti sudorientali, altre società stanno progettando o rapidamente costruendo impianti per produrre pellet. Un impianto di triturazione previsto dalla Biomass Power Louisiana a Natchitoches, Los Angeles, produrrà 2 milioni di tonnellate di pellet all'anno. La Drax, una società di servizi britannica che sta adottando misure per trasformarsi prevalentemente in una produttrice di energia da biomasse, ha detto che aprirà quattro suoi grandi impianti di triturazione per produrre pellet in Mississippi, South Carolina e Louisiana.

La domanda di questa presunta forma di energia verde è così robusta che le esportazioni di pellet dagli Stati Uniti è quasi raddoppiata dal 2012 al 2013 e sono previste quasi raddoppiare di nuovo a 5,7 milioni di tonnellate nel 2015. L'impennata della produzione è alimentata dalla domanda in crescita nel Regno Unito e in Europa, che stanno usando pellet per sostituire il carbone per la generazione di elettricità e il riscaldamento. Il programma per il 2020 dell'Unione Europea classifica il pellet come una forma di energia rinnovabile a zero emissioni di carbonio e le società europee hanno investito miliardi per trasformare le centrali a carbone in impianti che possono bruciare pellet.

Ma mentre la produzione di pellet esplode nel sudest degli Stati Uniti, gli scienziati e i gruppi ambientalisti stanno sollevando domande significative su quanto sia realmente verde bruciare pellet. L'industria del pellet dice di usare in prevalenza rami di alberi e altri scarti di legno per produrre pellet, rendendoli una forma di energia ad emissioni zero. Ma molti ambientalisti e scienziati credono che le attuali pratiche dell'industria siano tutt'altro che ad emissioni zero e che minaccino alcuni degli ultimi ecosistemi rimasti nel sudest degli Stati Uniti, compreso il bacino del fiume Roanoke che circonda l'impianto di Ahoskie e gli ecosistemi del pino palustre vicini all'impianto di triturazione della Enviva a Cottondale, in Florida. I critici contestano che la Enviva ed altri produttori di pallet spesso tagliano gli alberi interi – compresi i legni massicci provenienti dalle aree golenali – che possono impiegare un tempo lungo per ricrescere, rendendo così la combustione di pellet una fonte complessiva di emissioni di CO2.

“Li tagliano [gli alberi] e li bruciano per produrre energia in Europa – una pratica che degrada l'habitat cruciale delle foreste ed aumenta le emissioni di carbonio per molti decenni a venire”, dice Debbie Hammel, un esperto di risorse in forze al Consiglio di difesa delle Risorse Naturali (Natural Resources Defense Council – NRDC). Meno di un anno dopo che ha aperto l'impianto di Ahoskie della Enviva, il NRDC ha cominciato a monitorare come l'impianto  avesse un impatto sulle foreste vicine e quali tipi di alberi venissero usati per produrre pellet. Man mano che la domanda di produrre più pellet è aumentata, il NRDC ha osservato che le zone umide ricoperte di foreste nel bacino di Roanoke sono iniziate a sparire. “Una percentuale significativa della fonte di legno che la Enviva usa proviene dalle foreste di legno massiccio” dice Hammel, osservando che il disboscamento in quelle zone umide e nelle aree golenali crea grandi impatti ecologici, compresa la minaccia a specie come le cicogne dei boschi e gli usignoli cerulei. Secondo Hammel ed altri, bruciare pellet per produrre elettricità è di gran lunga più dannoso per l'ambiente e il clima che non le fonti di energia rinnovabile come solare ed eolico.

I funzionari dell'industria dicono, tuttavia, che produrre e bruciare pellet è una parte importante del mix di opzioni di energia rinnovabile. Seth Ginther, direttore esecutivo dell'Associazione Industriale del Pellet degli Stati Uniti, dice che il pellet è una “alternativa a basso costo e a basse emissioni” al carbone. In aggiunta, dice, la biomassa di legno ha meno zolfo, azoto, ceneri, cloro ed altre sostanze chimiche rispetto al carbone e ai combustibili fossili tradizionali. I produttori di pellet stanno usando legno di scarto e fibre legnose di basso livello in molti casi, secondo Ginther. Questo mercato di nicchia sta permettendo ad alcuni proprietari terrieri di continuare a piantare e coltivare alberi, piuttosto che abbattere i boschi per lo sviluppo commerciale o l'agricoltura. “La nostra industria aiuta ad incoraggiare i proprietari di foreste a riforestare e ripiantare, quindi questo mercato aiuta a mantenere in opera le foreste”, dice  Ginther. E dice anche che l'industria del pellet statunitense può attendersi una crescita anche più robusta se il mercato commerciale asiatico o il mercato residenziale europeo abbraccia la combustione di biomassa da legno. “Gli stati Uniti si sono insediati come una fonte sostenibile di fibra per la bioenergia e siamo molto orgogliosi del fatto che così tanti clienti europei si stiano rivolgendo ai produttori statunitensi per il loro approvvigionamento”, dice Ginther.

L'industria del pellet è davvero decollata nel 2012, dopo che il Dipartimento dell'Energia e del Cambiamento Climatico del Regno Unito ha pubblicato le linee guida sulla direzione della politica delle energie rinnovabili britannica per il prossimo futuro. Le linee guida hanno incoraggiato le società di servizi a trasformare i generatori alimentati a carbone in generatori che usano biomassa di legno ed ha fornito alle società di servizi l'opzione di bruciare pellet per aiutarle a soddisfare gli standard dell'Unione Europea di inquinamento dell'aria e di energia rinnovabile. Le società elettriche hanno quindi cominciato a trasformare il sudest degli Stati Uniti, dove il disboscamento è consolidato e molto meno limitato che in Europa, come fornitore primario di pellet. “E' l'UE che ha spinto quest'esplosione industriale”, dice Hammel.



NRDC/Dogwood Alliance. Foreste di legno massiccio delle zone umide vicino all'impianto della Enviva a Ahoskie, North Carolina.

Alcuni scienziati dicono che ci sono ancora più domande che risposte quando si tratta della combustione di pellet per l'energia in modo commerciale ed è in gran parte una questione di calcoli di ciclo del carbonio. Bob Abt, un professore di economia e gestione delle risorse naturali dell'Università di Stato del North Carolina, dice che molto dipende dall'origine e dal tipo di alberi usati per alimentare gli impianti di triturazione per il pellet. Bruciare pellet di legna rilascia la stessa quantità se non di più di biossido di carbonio per unità di energia che bruciare carbone, quindi perché la combustione di pellet sia ad emissioni zero, il carbonio emesso nell'atmosfera deve essere ricatturato in foreste rigenerate, dice Abt. Il legno di scarto, come le potature degli alberi e le parti inutilizzate degli alberi avanzate nelle segherie, sono il materiale migliore per il pellet, dice Abt. Ma lui ed altri dicono che non esistono tali rifiuti di legno in quantità sufficienti per alimentare la crescita della domanda di pellet. Quindi l'industria si è rivolta agli alberi interi.

Gli alberi dal legno tenero come il pino rigido coltivato in piantagioni gestite può essere piantato e ricrescere relativamente in fretta dopo il raccolto e la rimozione selettiva di alcuni alberi potrebbe verificarsi entro 12 anni. Quando viene usato il legno tenero, il carbonio rilasciato durante la combustione del pellet per la produzione di elettricità può quindi essere sequestrato e immagazzinato nei nuovi alberi. Ma usare gli alberi a legno duro delle golene dà un diverso calcolo del carbonio, dice Abt. Usare queste specie di alberi richiede un tempo molto più lungo per compensare il carbonio rilasciato, in quanto il legno duro delle golene cresce più lentamente. Abt evidenzia anche che le foreste dei piani alluvionali, che appartengono tipicamente a piccoli proprietari, tendono a non aderire agli standard di certificazione della sostenibilità. La rigenerazione nelle golene tende anche ad essere più variabile e dipende dalle condizioni idrologiche locali.

Quando un impianto di triturazione consuma quasi un milione di tonnellate di legno all'anno, è difficile tracciare da dove venga ogni singolo albero, secondo Abt ed altri esperti. Ma la Forisk, una società di consulenze che traccia le tendenze dell'industria forestale, calcola che la maggioranza del legno usato nell'impianto di Ahoskie della Enviva provenga da alberi a legno duro – compresi quelli che si trovano tipicamente nelle foreste delle zone umide. Generalmente, gli impianti di triturazione del pellet nel North Carolina e in Virginia dipendono più da questi legni duri che crescono più lentamente, mentre in Georgia, per esempio, si utilizzano principalmente piantagioni di pini, dice Abt. Queste due diverse classi di alberi sono “su lati opposti dello spettro”, quando si tratta di gestione forestale e di quanto carbonio viene rilasciato e sequestrato, osserva. Se l'industria del legname nel sudest degli Stati Uniti raccoglie tutti i rami, le radici e altri scarti di alberi ed usa quel legno per fare pellet, William Schlesinger, che è presidente emerito dell'Istituto Cary di Studi dell'Ecosistema e biogeochimico che studia i cicli del carbonio, non avrebbe problemi con essa. Il problema, dice, è quando i pellet sono fatti con legno duro vergine e di seconda crescita.

“La prova migliore che abbiamo è che non tutto il pellet proviene dagli scarti di legno e che crea un deficit di carbonio”, dice Schlesinger, che è stato uno degli scienziati che ha scritto una lettera all'EPA (Environmental Protection Agency) invitando l'agenzia a creare forti standard di inquinamento per l'energia da biomasse. Schlesinger indica le foto aeree distribuite dal Southern Environmental Law Center che mostrano querce di grande diametro e noci americani abbattuti per la produzione di pellet di legna nell'impianto di Ahoskie della Enviva. Uno studio dell'impianto di Ahoskie commissionato dal Southern Environmental Law Center e dalla National Wildlife Federation ha scoperto che più del 50% delle probabili zone di approvvigionamento dell'impianto di Ahoskie sono le foreste delle zone umide. Più di 168.000 acri di foresta delle zone umide sono a rischio di essere tagliate per produrre pellet solo in questo impianto, ha detto lo studio. Il NRDC sta attualmente intraprendendo uno studio usando dati GPS per mappare i punti caldi in cui gli impianti di pellet hanno gli impatti maggiori attraverso gli Stati Uniti sudorientali. Il gruppo pensa di pubblicare lo studio questa primavera, sottolineando il disboscamento intorno agli impianti di produzione del pellet.

Schlesinger dice che i calcoli recenti in cui sono stati usati i dati della EIA e della IEA mostrano che bruciare pellet produce grandi impatti sulle foreste per quantità molto modeste di bioenergia. Per esempio, la IEA prevede che per produrre il 6,4% dell'elettricità globale bruciando biomassa legnosa nel 2035, il raccolto globale di alberi commerciali – tutti gli alberi abbattuti eccetto la legna tradizionale – dovrebbe aumentare del 137%. Non sono solo le società di servizi europee che potrebbero finire per bruciare pellet su scala industriale. Hammel, del NRDC, osserva la possibilità di un passaggio significativo alla combustione di legno in modo commerciale qui negli Stati uniti, a seconda di come l'EPA degli Stati Uniti decida di conteggiare le emissioni di gas serra dalle centrali che bruciano biomasse. “Sarebbe un errore per l'EPA dare ai produttori di energia da biomasse un lasciapassare sulla responsabilità del carbonio”, dice Hammel. “Abbattere e bruciare alberi per l'energia è un passo nella direzione sbagliata per il clima e per le nostre foreste”.



giovedì 21 agosto 2014

Il declino della resa degli investimenti nell'industria petrolifera

Da “The Telegraph”. Traduzione di MR

La spesa totale cumulativa nell'esplorazione e produzione energetica negli ultimi sei anni è stata di 5,4 trilioni di dollari, eppure né è uscito ben poco. 




Gli investimenti in petrolio e gas sono volati negli Stati Uniti a 200 miliardi di dollari all'anno. Foto Reuters 


L'epicentro del comportamento irrazionale nei mercati globali è passato al complesso dei combustibili fossili di petrolio, gas e carbone. E' qui che gli investitori hanno buttato gran parte dei soldi buoni oltre a quelli cattivi. E' probabile che questi investitori rimarranno con in mano un pugno di progetti senza valore mentre le tecnologie rinnovabili si insinuano inosservate e l'asse Washington-Pechino abbraccia un'agenda più verde. I dati della Banca d'America mostrano che gli investimenti in petrolio e negli Stati Uniti sono volati a 200 miliardi di dollari all'anno. Hanno raggiunto il 20% dell'investimento privato fisso degli Stati Uniti, la stessa percentuale della costruzione di case. Ciò non è mai accaduto prima nella storia degli Stati Uniti, persino durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la produzione di petrolio era un imperativo strategico. La IEA dice che l'investimento globale nell'offerta di combustibili fossili è raddoppiata in termini reali a 900 miliardi di dollari dal 2000 al 2008 quando il boom ha preso piede. Da allora si è stabilizzato in un plateau molto alto, quasi 950 miliardi di dollari lo scorso anno.


La spesa totale cumulativa nell'esplorazione e produzione energetica negli ultimi sei anni è stata di 5,4 trilioni di dollari, eppure né è uscito ben poco. La produzione dei giacimenti convenzionali ha raggiunto il picco nel 2005. Nessun singolo grande progetto è entrato a regime ad un costo di pareggio al di sotto degli 80 dollari al barile per almeno tre anni. “La cosa scioccante è che i costi a monte dell'industria petrolifera sono triplicati dal 2000 ma la produzione è aumentata di solo il 14%”, ha detto Mark Lewis di Kepler Cheuvreux. Il danno è stato mascherato finora in quanto le grandi compagnie petrolifere hanno prelevato dalle loro riserve economiche preesistenti. “Devono cercare il petrolio nei giacimenti di alto mare al largo di Africa e Brasile, o nell'Artico, dov'è molto più difficile. Il costo marginale di molti impianti di scisto ora va da 85 a 90 dollari al barile”. Un rapporto di Carbon Tracker dice che le compagnie stanno impegnando 1,1 trilioni di dollari per il prossimo decennio per progetti che richiedono prezzi al di sopra dei 95 dollari al barile per fare a pari. Le sabbie bituminose canadesi in gran parte vanno in pareggio a 80-100 dollari. Per parte dei progetti dell'Artico e di alto mare servono 120 dollari. Per diversi ne servono 150. Ptrobras, Statoil, Total, BP, BG, Exxon, Shell, Chevron e Repsol stanno scommettendo insieme 340 miliardi di dollari in questi mari ostili.



Martijn Rats, di Morgan Stanley, dice che i più grandi gruppi petroliferi europei (BP, Shell, Total, Statoil ed Eni) hanno speso 161 miliardi di dollari in operazioni e dividendi lo scorso anno, ma hanno generato 121 miliardi di dollari in flusso di contante. Affrontano un deficit di 40 miliardi di dollari anche se i prezzi del greggio Brent galleggiavano intorno i 100 dollari, a causa delle interruzioni in Libia, Iraq e parti dell'Africa. “Lo sviluppo del petrolio è così costoso che molti progetti non hanno senso”, ha detto. Ci sono, naturalmente, altri candidati per il premio della bolla dell'attuale ciclo economico, ora nel suo 22simo trimetre e che affronta le turbolenze della stretta monetaria negli Stati Uniti. Il boom dell'edilizia cinese ha echi dello scoppio di Tokyo del 1989 ed è quattro volte più tesa dei subrime statunitensi del 2006, sulla base del rapporto prezzi-redditi. L'era della mode del 2007 delle obbligazioni sovrane del Club Med arriva nonostante l'aumento dei rapporti di debito, resi peggiori dall'inflazione incipiente. Questa scommessa si basa interamente sulla premessa che la Germania lascerà stampare denaro alla Banca Centrale Europea a oltranza, un calcolo politico che confina con la pia illusione. Eppure la vastità della “azioni bloccate” e le potenziali svalutazioni nell'industria dei combustibili fossili fanno sollevare le sopracciglia. Il Global Insight di IHS ha detto che il ritorno medio sull'esplorazione di petrolio e gas in Nord America è crollato al 8,6%, più basso che nel 2001 quando il petrolio veniva scambiato a 27 dollari al barile. Cosa succede se il petrolio crolla di nuovo a 80 dollari mentre la Libia finisce per forza maggiore il suo bacino petrolifero e l'Iran si riunisce all'economia mondiale? Una grande fetta dell'investimento statunitense sta andando in avventure di gas di scisto che sono o in perdita o a malapena in pareggio, vittime del loro stesso successo nel creare una sovrabbondanza di offerta. Un capo esecutivo ha acidamente detto alla conferenza TPH sullo Scisto Globale che il solo momento in cui la sua azienda di scisto abbia mai avuto flusso di contanti al di sopra dello zero è stata il giorno in cui l'ha venduta – ad un forestiero ingenuo.


L'Istituto per gli Studi Energetici di Oxford dice che il giacimento di gas secco di Eagle Ford, il WC t2 di Marcellus e il “c” Counties, il Powder River e il Cotton Valley, fra gli altri, stanno perdendo soldi all'attuale prezzo Henry Hub di 4,50 dollari. “La benevolenza dei mercati di capitale statunitensi non può durare per sempre”, ha detto. Ciò non significa che lo scisto è stato un fallimento. Gli ottimisti sperano ancora che raggiungerà un “punto di inflessione positivo” in più o meno cinque anni, lo schema tipico per un'industria nascente. Alcuni trivellatori sono passati ai progetti di tight oil che sono molto più redditizi perché il greggio è più strettamente collegato ai prezzi globali. Eppure il frutto più basso è stato raccolto e i costi stanno aumentando. Three Forks McKenzie in Montana ha un prezzo di pareggio di 91 dollari. Né questo significa che l'America abbia fatto un errore. Lo scisto è stato un colpo tempestivo che ha aiutato l'economia statunitense a raggiungere una “velocità di fuga” dalla grande Recessione, a differenza dell'Europa, che è tornata a sbandare in una doppia recessione. Ha ridotto l'attuale deficit di bilancio degli Stati Uniti, che ora è solo il 2% del PIL. I costi del gas a buon mercato – un terzo dei prezzi europei ed un quarto dei prezzi asiatici – hanno salvato l'industria statunitense da una quasi morte, forse sufficientemente a lungo da dare all'America altri due decenni di ascendente da superpotenza. Ma fare soldi dallo scisto è un'altra storia.

Anche se le compagnie dei fossili navigano nella prossima recessione globale più o meno intatte, si trovano nella posizione insostenibile di prenotare vasti patrimoni che non possono mai essere bruciati senza violare gli accordi globali sul cambiamento climatico. La IEA dice che due terzi delle loro riserve diventano fittizie se ci fosse un limite vincolante ai livelli di CO2 di 450 ppm, il massimo ritenuto necessario per fermare l'aumento della temperature del pianeta di più di 2°C al di sopra dei livelli preindustriali. Ha superato la soglia dei 400 ppm questa primavera, il livello più alto in più di 800.000 anni. “Sotto un accordo climatico globale coerente con un mondo a 2°C, stimiamo che l'industria dei combustibili fossili rischia di perdere 28 trilioni di dollari di introiti lordi nei prossimi due decenni, in confronto al business as usual”, ha detto il signor Lewis. L'industria petrolifera da sola affronterebbe beni bloccati di 19 trilioni di dollari, concentrati in giacimenti d'alto mare, sabbie bituminose e scisto. Sulla base delle loro azioni, le compagnie petrolifere rifiutano implicitamente gli impegni climatici solenni dei leader mondiali come atteggiamento, anche se gli azionisti stanno cominciando a chiedere perché la gestione sta sprecando così tanto i loro soldi in progetti con tele rischio politico. Questa noncuranza sta facendo la corte al destino. Il nuovo piano d'azione del presidente Barack Obama punta a tagliare le emissioni statunitensi del 30% sotto i livelli del 2005 per il 2030. La sua legge per l'aria pulita è un assalto drastico alle centrali a carbone, “sabotaggio industriale per via legislativa” nelle parole della lobby industriale. Anche la Cina sta cercando di liberarsi dal carbone dopo le proteste anti-smog nelle città della costa orientale. Sta chiudendo i suoi impianti a carbone a Pechino quest'anno. C'è un divieto per nuove centrali a carbone nelle regioni chiave.

Il piano quinquennale del partito comunista punta a limitare la domanda a 3,9 miliardi di tonnellate all'anno fino al 2015. Siccome il paese consuma la metà dell'offerta mondiale di carbone, ciò ha lasciato l'industria del carbone australiano a bocca asciutta, prova numero uno dei beni bloccati da un'improvviso cambiamento di politica. Il picco della domanda di carbone è in arrivo. In ogni caso, gli impressionanti miglioramenti dell'energia solare – e presto anche delle batterie di stoccaggio – minaccia di tagliare l'industria petrolifera alla velocità della luce, forse un una corsa con l'energia nucleare a buon mercato da una generazione di reattori a sale fuso in arrivo. Il Laboratorio nazionale di Energia Rinnovabile degli Stati Uniti ha già catturato il 31,1% dell'energia del Sole con un chip solare, ma i record continuano ad essere infranti. I brocker di Sanford Bernstein dicono che stiamo entrando in un'era di “deflazione energetica globale” in cui i miglioramenti delle tecnologia solare devono inesorabilmente erodere la redditività del nexus fossile, visto che va in una sola direzione. Le trivellazioni in alto mare diventeranno inutili. Possiamo lasciar perdere l'Artico. Una volta raggiunto il punto di incrocio – e l'energia fotovoltaica compete già col petrolio, col gasolio e col gas naturale liquefatto in gran parte dell'Asia senza sussidi – deve sicuramente trasformarsi in una fuga precipitosa. La mia ipotesi è che il panorama energetico mondiale sarà già radicalmente diverso nei primi anni 20 del 2000. Il signor Lewis di Cheuvreux le grandi compagnie petrolifere con le utility europee prese alla sprovvista 10 anni fa dal passaggio all'eolico e al solare, la loro sopravvivenza è in dubbio, i loro prezzi azionari sono stati tagliati di due terzi dal 2008 e ora stanno affrontando una crisi esistenziale”, ha detto. Lord Browne della BP è stato deriso per aver abbracciato il solare e per aver rinominato la sua azienda “Oltre il petrolio” nel 2000. I suoi successori hanno ripudiato la sua visione, notoriamente tornati alle origini. Potrebbe avere la sua dolce vendetta, dopo tutto.