martedì 18 dicembre 2012

Scienza del Clima: stesso destino dei “Limiti dello Sviluppo”?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti



Gli studi sull'esaurimento delle risorse , come “I Limiti dello Sviluppo” del 1972, sono stati attaccati e demonizzati negli anni 80 e quindi consegnati al bidone della spazzatura delle idee scientifiche “sbagliate”. Ora è il turno della scienza del clima di essere attaccata e demonizzata. Due storie parallele che si svolgono in tempi diversi.



Negli anni 1950, il problema dell'esaurimento dei minerali ed il problema climatico iniziavano ad essere riconosciuti. Nel 1956 Marion King Hubbert pubblicava il primo studio che esaminava l'esaurimento del petrolio a livello mondiale, studio che suggeriva il modello che oggi prende il suo nome, il “Modello di Hubbert”. Pressappoco nello stesso periodo, nel 1957, Roger Revelle è stato coautore, insieme a Hans Suess, del primo saggio che osservava che la concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera stava aumentando come risultato della combustione di combustibili fossili e indicava gli effetti climatici relativi.

Sia gli studi climatici sia quelli sull'esaurimento del petrolio avevano a che fare con sistemi complessi e non lineari, così le stime quantitative delle tendenze future sono diventate possibili solo con lo sviluppo dei computer digitali. I primi modelli generali di circolazione (GCM) sono stati sviluppati al NOAA della NASA nei tardi anni 60. Il primo modello del mondo che esaminava il sistema economico mondiale alla luce dell'esaurimento delle risorse è stato pubblicato da Jay Forrester nel 1971, col titolo di “World Dynamics”. Un anno dopo, nel 1972, apparve lo studio più dettagliato “I Limiti dello Sviluppo”. Gli eventi hanno segnato una rapida crescita dei due nuovi campi di ricerca: “Scienza del Clima” e “Modellizazione del Mondo”.

Lo studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo” aveva già identificato gli elementi principali del comportamento del sistema mondiale. Ecco i risultati di base di quello studio.


Come vedete, il modello aveva già identificato i “punti di non ritorno” del sistema dove l'esaurimento graduale delle risorse naturali e l'aumento dell'inquinamento avrebbero portato al collasso della produzione industriale ed agricola e, più tardi, al collasso della popolazione. La scelta fatta per costruire questo modello è stata quella di “aggregare” la maggior parte delle variabili coinvolte, cioè di considerarle tutte insieme per limitare le inevitabili incertezze che si hanno quando si ha a che fare con singole variabili. Mancando dati sufficienti per costruire un modello molto dettagliato, l'approccio dello studio dei “Limiti dello Sviluppo” è stato euristico ed orientato alla comprensione del comportamento del sistema, piuttosto che a fare previsioni esatte. 

Sull'altro versante delle simulazioni, gli scienziati del clima si sono ritrovati ad affrontare la grande complessità del clima mondiale, per il quale spesso mancavano dati sufficienti. Il risultato è stato che la modellizzazione climatica è cresciuta con un consistente sforzo sperimentale per misurare i parametri del sistema. Diversi di questi parametri richidevano studi estensivi per essere compresi e quantificati. Col tempo, i modelli sono cresciuti in sofisticazione quando i dati in entrata sono diventati più dettagliati ed affidabili. Forse a causa di questa stessa sofisticazione, i modelli hanno avuto dei problemi nell'affrontare la questione dei “punti di non ristorno”, cambiamenti repentini che potrebbero risultare dal rafforzamento di retroazioni (feedback) all'interno del sistema climatico. La conseguenza è stata una tradizione a presentare i risultati dei modelli climatici come curve dolci e continue. Ecco qua, per esempio, le curve dell'aumento delle temperature contenute nel primo rapporto del IPCC del 1990.


I risultati delle simulazioni non sono cambiate di molto nell'ultimo rapporto del IPCC del 2000. Ora, ecco la differenza fra i due campi di ricerca: La modellizzazione del mondo, con la sua visione di collasso, sembrava fornire una minaccia più immediata e preoccupante che non le dolci curve della scienza del clima. La differenza ha avuto conseguenze. 

Sappiamo cos'è accaduto allo studio iconico della modellizzazione del mondo: “I Limiti dello Sviluppo” del 1972. E' parso sufficientemente minaccioso a molta gente da subire una serie di attacchi politici negli anni 80 che lo hanno portato nel bidone della spazzatura delle teorie scientifiche “sbagliate”. Il problema non è stato solo la demonizzazione di un singolo studio, ma il fatto che un intero campo scientifico sia stato posto in cattiva luce, il che ha portato alla scomparsa quasi totale dei fondi per la ricerca in quell'area. Solo in anni recenti stiamo assistendo al tentativo laborioso della modellizzazione del mondo di riemergere come legittimo campo di studio. 

Il problema con la scienza del clima, tuttavia, è che la sua visione del problema è diventata gradualmente sempre più drammatica. Con la calotta polare del nord sulla strada della fusione completa, siccità, alluvioni ed uragani, la questione del cambiamento climatico repentino non può più essere ignorata. Gli scenari che tengono conto dei punti di non ritorno cominciano a sembrare ancora più preoccupanti di quelli forniti dalla modellizazione del mondo negli anni 70. 

Quindi potrebbe non essere un caso il fatto che stiamo vedendo una reazione contro la scienza del clima molto simile a quella vista negli anni 80 contro la modellizzazione del mondo. Uno sforzo concertato viene portato avanti per demonizzare la scienza del clima e gli scienziati del clima agli occhi del pubblico e per far passare tutta la faccenda per uno scherzo o, peggio ancora, una truffa premeditata. Fra le altre cose, gli attuali attacchi alla scienza del clima sono più aggressivi e violenti di quanto lo sia stato qualsiasi altro attacco contro la modellizzazione del mondo. Oggi, le tecnologie di demonizzazione sono molto meglio conosciute e raffinate di quanto lo fossero negli anni 80. La costruzione del “Climategate” per esempio, è un vero capolavoro di come ingannare il pubblico. 

Così, quello che stiamo vedendo sono due storie parallele che si svolgono in tempi diversi. Non è impossibile che la scienza del clima farà la stessa fine della modellizzazione del mondo negli anni 80: demonizzata e ridicolizzata da un attacco politico concertato e ben finanziato e conseguentemente rimossa dal parco dei campi di studio legittimi. Se questo accadesse, potrebbero tranquillamente passare un paio di decenni prima di renderci conto che studiare scienza del clima era importante. A quel punto, sarà sicuramente troppo tardi. 

Forse, tuttavia, la recente ondata di sintomi del cambiamento climatico, dagli uragani alla fusione delle calotte di ghiaccio, renderanno il problema così chiaro da risparmiare la scienza del clima dal destino della demonizzazione toccato alla modellizzazione del mondo. Tuttavia, la campagna anti-scienza è ancora in corso ed abbiamo già perso un sacco di tempo. E' troppo tardi? Solo il tempo ce lo potrà dire.