lunedì 29 aprile 2013

L'Ultima Chiamata


Il film "L'ultima chiamata" si preannuncia molto interessante. Ecco un comunicato in proposito.



Care amiche e cari amici

Vi chiediamo un minuto di tempo per leggere questo messaggio.

Stiamo vivendo un momento di estrema difficoltà. Dal 2008 assistiamo al continuo susseguirsi di scenari di crisi:Stati Uniti, Islanda, Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna, Cipro, Italia. L’emergenza economica e finanziaria ha cancellato dall’attenzione dei mezzi di informazione la crisi climatica e ambientale, di cui si parla timidamente soltanto al sopraggiungere di un nuovo disastro ambientale. Il sopraggiungere di Una nuova crisi cancella il ricordo della precedente, finché non tocca direttamente le nostre vite.

Cosa sta succedendo? Perché queste crisi continuano?

Un’ipotesi autorevole è quella prevista da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology nel rapporto scientifico “The Limits To Growth” (I limiti dello sviluppo) pubblicato nel 1972 dal Club di Roma:

queste crisi non sono indipendenti una dall’altra, ma sintomi di uno stesso problema: la crescita fisica dei consumi materiali, che in un sistema finito come la Terra non può essere infinita. Le crisi non passano perché abbiamo superato i limiti fisici della sostenibilità.

Questo messaggio, passato inascoltato per molti decenni, ritorna ora di massima attualità nella visione aggiornata da alcuni dei suoi stessi autori, che si sono ritrovati nel marzo 2012 per lanciare nuovamente il grido d’allarme hanno riconfermato gli scenari di una società di sette miliardi di umani sempre più fragile di fronte al sovrasfruttamento delle risorse naturali, all'esaurimento del petrolio a basso costo, ai cambiamenti climatici e all'inquinamento.

Occorre rendersi conto del fatto che IL FUTURO CHE ABBIAMO DI FRONTE SARA' MOLTO DIVERSO DA QUELLO CHE HANNO SPERIMENTATO LE GENERAZIONI PRECEDENTI NON E’ PIU’ QUELLO DI UNA VOLTA.

La via d’uscita non può che partire dalla comprensione reale dei motivi alla base degli scenari di crisi, per prepararci ad agire con scelte adeguate.

Siamo convinti che non c’è più tempo da perdere, per questo abbiamo deciso di fare un film sul messaggio di “The Limits to Growth” e dei suoi autori. Perché solo a partire da una visione “sistemica” a lungo termine possiamo metter mano alla costruzione di un futuro diverso prima che sia troppo tardi.

Per diffondere questo messaggio non possiamo e non vogliamo essere da soli e vi chiediamo di aiutarci prendendo parte alla campagna di sostegno alla realizzazione e alla diffusione di ULTIMA CHIAMATA.

COSA PUOI FARE

Diffondi la notizia sui social network condividendo le informazioni del sito www.lastcallthefilm.org e della pagina facebook https://www.facebook.com/lastcalltheuntoldreasonsoftheglobalcrisis

Partecipa alla campagna crowdfunding pre-acquistando una copia del film e sostenendo le attività di diffusione

Diventa ambasciatore del film suggerendo decision-makers e policy-makers a cui inviare una copia del film e mettendoci in contatto con organizzazioni che possano accogliere una proiezione del film.

Il tuo aiuto, anche piccolo, è determinante per creare una crescita esponenziale della comunicazione!

Grazie


Enrico Cerasuolo - regista

Massimo Arvat – produttore

Luca Mercalli – consulente scientifico

e il team di “Ultima chiamata”

Dennis Meadows – autore di Limits To Growth ?

Jorgen Randers - autore di Limits To Growth ?

Bill Behrens - autore di Limits To Growth ?




venerdì 26 aprile 2013

La vittoria è a portata di mano per il movimento per il clima?


Da “paulgilding.com”. Traduzione di MR

Di Paul Gilding


Ci sono segni che indicano che il movimento per il clima possa essere sulla soglia di una notevole e sorprendente vittoria. Se leggiamo l'attuale contesto correttamente e se il movimento è in grado di adattare la propria strategia per cogliere l'opportunità che si presenta, si potrebbe introdurre nella più rapida e drammatica trasformazione economica della storia. Questo comporterebbe la rimozione dell'industria del petrolio, carbone e gas dall'economia in soli pochi decenni e la loro sostituzione con nuove industrie e, in gran parte, aziende del tutto nuove. Sarebbe il più grande trasferimento di ricchezza e potere fra industrie e paesi che il mondo abbia mai visto.

Per capire questo incredibile potenziale, prima dobbiamo fare un passo indietro e capire la struttura unica del movimento per il cambiamento sociale, che potrebbe classificarsi fra i più influenti della storia. E' semplicistico caratterizzarli come un'alleanza di organizzazioni di base e di attivisti puntata contro un avversario ricco e ben connesso. Mentre questa è parte della storia, si capisce con più precisione come un'idea i cui tentacoli raggiungono ogni strato del governo, delle più grandi aziende del mondo, delle istituzioni finanziarie e attraversano le comunità scientifiche ed accademiche.

A causa di questo, il movimento sta vincendo la battaglia dall'interno. I suoi argomenti e le sue idee centrali sono chiaramente giuste, essendo appoggiati dai migliori corpi scientifici del mondo e da ogni organizzazione significativa che li abbia esaminati.

Lungi dall'essere ai margini della società, il movimento ha il sostegno, con vari gradi, di praticamente tutti i governi e molti dei leader politici più potenti del mondo, compresi i capi di stati di USA, Cina ed altre grandi economie. Annovera amministratori delegati di molte multinazionali e di molte delle persone più ricche del mondo come sostenitori attivi -  che fra loro dirigono centinaia di miliardi di dollari di capitale ogni anno verso l'azione climatica pratica. E naturalmente, questo giunge a coronamento di una delle campagne dal basso più globali, meglio finanziate e generalizzate che abbiamo mai visto.

Questa è la realtà del movimento per il clima, è massiccio, globale, potente e dalla giusta parte della storia. Allora perché, chiedono in molti, finora non è riuscito nel suo obbiettivo di ridurre le emissioni di CO2? Molto è stato scritto su questo argomento ma la gran parte è sbagliato. Semplicemente è un lavoro enorme quello di attivare dal suo vertice il sistema energetico che sta alla base dell'economia globale. Quindi ci è voluto un po'. Se consideriamo quanto hanno impiegato altri grandi movimenti sociali per avere un impatto – come ad esempio l'uguaglianza per le donne o la fine della schiavitù e il movimento per i diritti civili – allora ciò che sorprende non è che il movimento per il clima non abbia ancora avuto successo. Ciò che sorprende è quanto sia andato lontano e quanto profondamente si sia integrato in un tempo così breve. Ed ora è il momento in cui il suo più grande successo potrebbe essere vicino alla realizzazione – e appena in tempo.

Ci troviamo nel momento più importante nella storia di questo movimento – nel mezzo di due punti di non ritorno simultanei che creano l'opportunità, se rispondiamo correttamente, di vincere – eliminando le emissioni di CO2 nette dall'economia e assicurando un clima stabile, anche se cambiato. Sono giunto a questa conclusione dopo aver riflettuto in un anno in cui una valanga di nuova conoscenza e di nuovi indicatori che hanno reso entrambi i punti di non ritorno chiari. Il primo, e forse meglio compreso, è la rapida accelerazione degli impatti climatici, che rafforza la visione che molti hanno sul fatto che il consenso scientifico sul clima ha malamente sottostimato la tempistica e la scala degli impatti climatici. La fusione del ghiaccio marino artico, decenni prima del previsto, è stato il manifesto di questo, ma gli eventi atmosferici estremi e le temperature record in tutto il mondo, in particolare negli USA, hanno suggerito che questa fusione artica è un sintomo di un cambiamento di sistema che accelera.

E' diventato anche chiaro che questo è stato solo un  atto di “riscaldamento” - che attualmente stiamo andando verso un aumento di temperature globale di 4°C o più, il doppio dell'obbiettivo convenuto. In risposta, è arrivata una serie terribili avvertimenti da corpi conservatori come la International Energy Agency (IEA), la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Forse in modo più colorito, il capo del FMI ed ex ministra conservatrice francese Christine Lagarde ha detto che senza un'azione forte “le future generazioni saranno arrostite, fritte e grigliate”. La Banca Mondiale è stata allo stesso modo misurata ugualmente circa le conseguenze economiche dell'attuale percorso: “non c'è alcuna certezza che l'adattamento a un mondo più caldo di 4°C sia possibile”.

Questi ed altri rapporti hanno esposto le prove che la sola opzione era una trasformazione economica perché le alternative erano semplicemente ingestibili. L'azione non era più la conseguenza preferita ma quella essenziale. Come ha detto la Banca Mondiale “semplicemente non dobbiamo permettere che il riscaldamento previsto di 4°C accada”. Anche la IEA, storicamente una specie di avvocato in capo dell'industria dei combustibili fossili, è venuta a bordo, indicando che un clima ed un'economia stabili richiede che la maggior parte delle riserve di combustibili fossili non vengano mai bruciate. E' una svolta straordinaria quando le istituzioni economiche chiave ipotizzano il caso di smantellare quello che probabilmente il settore più potente del mondo.

Di particolare rilievo in tutto questo, osservando entrambi i messaggi e messaggeri, è che quello che era prevalentemente una questione ecologica ora è principalmente economica. Questo è un cambiamento profondamente importante, in quanto il rischio economico è qualcosa che le elite sociali prendono molto sul serio. Ciò libera un altro grande punto di non ritorno potenziale del quale si sono visti i segni, ma non è ancora pienamente in volo. Quando le aziende che non si occupano di combustibili fossili capiscono che il grande rischio economico posto dalla mancanza di azione sul clima, diventeranno dei forti e veraci sostenitori che chiedono l'azione sul clima – nel loro stesso interesse. Questa è una cosa da seguire attentamente in quanto farà vedere un grande cambiamento nelle politiche quando arriverà.

Il secondo punto di non ritorno nel 2012 è stata la prova chiara che un cambiamento economico distruttivo è già in corso nel mercato globale dell'energia. Ci sono due indicatori di questo, il primo è la ben nota accelerazione nella dimensione del mercato delle energie rinnovabili con riduzioni di prezzo drammatiche e l'arrivo di solare ed eolico competitivi nei costi. E' difficile sopravvalutare il significato di questo in quanto questo cambia completamente il gioco, come diversi rapporti recenti hanno mostrato. Il solare su tetto, per esempio, è cresciuto così rapidamente che ora sta erodendo i profitti delle grandi utility portandosi via i loro introiti con grandi margini – il picco dei prezzi – e riducendo la domanda. Questo vuol dire già vedere grande distruzione economica di aziende e infrastrutture economiche nazionali come mostra questo rapporto della UBS sugli sviluppi in Europa, con grandi chiusure di impianti a carbone che ora sono inevitabili. Di eguale importanza, e parzialmente innescato da questi spostamenti del mercato, è il risveglio del gigante dormiente del rischio del carbonio, con discussione aperta nei circoli dominanti sui rischi in aumento nella esposizione finanziaria ai combustibili fossili. Questo è stato in arrivo per diversi anni a causa del rischio finanziario insito nella bolla del carbonio. Come io e Phil Preston abbiamo detto in un saggio nel 2010 ed ulteriormente elaborato in “La Grande Distruzione”, la contraddizione fra quello che dice la scienza dice sia essenziale e gli assunti di crescita dell'industria dei combustibili fossili è così grande che rappresenta un rischio sistemico finanziario globale. Ciò è stato ben articolato e esplorato più in profondità da gruppi come Carbon Tracker, che hanno portato l'argomento al settore finanziario dominante.

Nel 2012 questo è arrivato a casa, con attori economici e finanziari significativi come la IEA, HSBC e S&P che parlano del concetto di carbonio non bruciabile e dei rischi finanziari di investire in combustibili fossili e nel fare prestiti a progetti per carbone, petrolio e gas. La HSBC prevede una perdita di valore di mercato del 40-60% per le major del petrolio e del gas se il mondo agisse per mantenerci sotto i +2°C. La IEA prevede che la perdita dei dividendi in quello scenario per l'industria globale del carbone sarebbe di 1 trilione di dollari ogni anno dal 2035. Insieme, questi due punti di non ritorno presentano l'opportunità per il grande movimento per il clima di avere successo, se gli attivisti, la politica e le comunità capissero e rispondessero in modo appropriato ad essi. Ma prima devono essere visti per quello che sono – indicazioni del fatto che siamo in bilico su una trasformazione economica veramente storica – la fine dei combustibili fossili e la costruzione di un nuovo enorme settore industriale.

Per riassumere:


  • La scienza mostra che non solo non stiamo rallentando il cambiamento climatico, ma che di fatto stiamo accelerando verso il burrone.
  • In risposta, le organizzazioni dominanti concentrate sull'economia globale stanno diventando sempre più disperate nei loro appelli all'azione, spaventate dalle conseguenze economiche se non agiremo. Esse sostengono che il solo modo in cui il mondo può evitare il rischio di crollo è quello di trasformare urgentemente e drammaticamente l'economia.
  • La nostra capacità di farlo ora è reale e pratica, con le tecnologie necessarie già sviluppate su scala molto larga e a costi competitivi. La dimensione dall'opportunità di affari che offrono ora toglie davvero il fiato.
  • In risposta, i mercati finanziari si stanno svegliando alla logica della trasformazione – se il futuro è basato sulle rinnovabili e queste hanno prezzi competitivi senza sussidi, o lo saranno presto, la trasformazione potrebbe spazzare l'economia in modo relativamente improvviso, anche senza ulteriore leadership da parte del governo.
  • Questo quindi mette in atto un enorme e sistemico rischio finanziario – in particolare investimenti in, o esposizione debitoria verso, all'industria dei combustibili fossili multi trilionaria (in dollari).
  • Il rischio viene costantemente aumentato dalle campagne degli attivisti contro i progetti di combustibili fossili (che peggiorano i rischi di ogni progetto) e che sostengono il de-investimento dai combustibili fossili (mettendo in gioco anche la reputazione degli investitori). 
  • In risposta gli investitori e i leader ridurranno la loro esposizione ai combustibili fossili e copriranno il proprio rischio passando i loro soldi alle rinnovabili dalla crescita alta. 
  • Questo rinforzerà e manifesterà la stessa tendenza che cercano di coprire. 
  • Così il gioco è partito.


E' così? Ora possiamo sederci comodi ed aspettare che il mercato gestisca questa cosa? In gran parte no. E' probabilmente vero che il mercato potrebbe risolvere la questione da solo se avessimo 60 anni perché esso lo faccia. Ma non li abbiamo. La scienza è chiara sul fatto che abbiamo meno di 20 anni, ed è qui che emerge l'opportunità per il movimento per il clima e perché la scelta del focus e della strategia ora è così importante. Il compito a portata di mano è chiaro per i politici, per l'impresa e per gli investitori, così come per la comunità degli attivisti. E' l'accelerazione dell'impulso esistente – rallentare i combustibili fossili ed accelerare l'energia pulita. Per ridurre il processo di 60 anni a 20.

Ora è realistico immaginare di rimuovere le industrie di carbone, petrolio e gas dall'economia in meno di 20 anni. Fare questo è necessario se vogliamo avere una probabilità del 80% o maggiore di di evitare che il clima si scaldi di oltre 2°C, un punto passato il quale il sistema potrebbe uscire fuori controllo. Quello che stiamo sentendo ora dalle maggiori istituzioni economiche internazionali è che questa è una scelta binaria. O questo accade o siamo diretti verso il crollo economico e sociale. Come sostiene la Banca Mondiale, la seconda ipotesi “non deve essere permesso che accada”. Il tempismo è il cambiamento chiave di cui il mondo ha bisogno di fare nel suo modo di pensare e non ha più a che fare con il futuro, ma col presente. Non abbiamo 20 anni per decidere di agire, abbiamo 20 anni per completare l'opera. Se seguiamo la scienza, allora in 20 anni dovremmo aver rimosso le industrie di carbone, petrolio e gas dall'economia e averle sostituite. E' semplice, è urgente e forse ancora più importante, ora si può fare.

La storia ci dà molti esempi di cambiamenti economici drammatici, come l'arrivo del chip del computer e con esso di Internet, la comparsa delle tecnologie di comunicazione ed altri facilitatori della globalizzazione. Abbiamo anche molti esempi di momenti imbarazzanti – punti in cui ci siamo resi conto dopo il fatto che qualcosa era veramente un'idea pessima. Come il tabacco, l'amianto, il piombo nel combustibile e nelle pitture, i CFC che distruggevano l'ozono e vari altri prodotti chimici. Collettivamente, questo ci dicono qualcosa di molto importante. Mentre ogni caso è diverso, noi siamo capaci di cambiamenti economici trasformativi e mentre spesso è distruttivo e sempre incontra feroce resistenza, regolarmente lo facciamo. Questa volta la scala è molto più grande, ma si applica lo stesso processo.

Dobbiamo continuare a ricordare a noi stessi che questo tipo di transizione economica va bene. Che è come funzionano i mercati e mentre sarà impegnativo e richiederà sforzi enormi, funzionerà. Sì, grandi quantità di ricchezza saranno perse e guadagnate nel processo, industrie, paesi e città affronteranno massicce sfide di ristrutturazione economica e pratica e molta gente soffrirà nel processo. Ma è così che avvengono i passaggi di mercato. L'economista austriaco Joseph Schumpeter ha coniato la definizione “distruzione creativa” per descrivere questo processo e per spiegare perché è la forza alla base del capitalismo, chiamandolo: “Un processo di mutazione industriale che incessantemente rivoluziona la struttura economica dall'interno, distruggendo incessantemente quella vecchia, creandone incessantemente una nuova”.

Ma mentre possiamo stare tranquilli che questo processo produrrà la conseguenza necessaria, non sarà facile o piacevole per molti partecipanti. Sarà piuttosto incasinato, molto controverso e vedrà enormi quantità di valore e di impiego distrutti e creati mentre l'economia si ristruttura intorno alla necessaria realtà di un'economia post combustibili fossili. Io non sono né rilassato né ingenuo circa la scala della sfida. Semplicemente accetto  che ora è inevitabile. So anche che possiamo farlo e che non abbiamo semplicemente scelta. Naturalmente, i perdenti combatteranno fino alla fine, usando ogni argomento, manovra e ritardo che possano pensare. Non dovremmo aspettarci nient'altro da loro e, realisticamente, gran parte di noi farebbero allo stesso modo in circostanze del genere. Ma perderanno comunque.

Io non penso, tuttavia, che dovremmo demonizzare l'industria dei combustibili fossili o le persone coinvolte in essa. Il lavoro di rimuovere questa industria deve essere fatto – il futuro della civiltà di pende letteralmente da questo – ma possiamo farlo fermamente e chiaramente senza renderlo personale. Come ho detto recentemente in discorsi su questo argomento – con qualche messaggio umoristico ma serio - “dobbiamo rimuovere l'industria del carbone, del petrolio e del gas dall'economia con amore e compassione”. Questo è il duro amore del genitore responsabile – ai bambini non piace ma è comunque la cosa giusta da fare. Così, con qualche sorpresa, è qui che ci troviamo. Ancora non accadrà senza uno sforzo focalizzato e determinato, ma per la prima volta, nei decenni di lunga lotta sul cambiamento climatico, possiamo intravvedere la vittoria. La scienza è chiara, la tecnologia è pronta, parti significative della elite sono dalla parte giusta e l'impulso finanziario è con noi.

E questa volta l'economia gioca dalla stessa parte dell'ambiente. Appena in tempo.


martedì 23 aprile 2013

Dei Troll e altre bestie - II


A commento del post precedente sui troll di Antonio Turiel, ecco un'elucubrazione che avevo scritto qualche anno fa e che riguarda principalmente il negazionismo in campo climatico. Era rimasto in coda nei post perché mi sembrava che mancasse qualcosa, ovvero, una spiegazione del perché i troll esistono. Nel tempo, dopo la consultazione di ponderosi tomi di psicologia cognitiva e soggetti correlati, credo di aver trovato la risposta nel testo di Peter Sandman "The problem of Denial". Spiegare bene la faccenda richiederà tempo e molteplici post, ma in sostanza Sandman dice che l'atteggiamento di "denial" (negazione) è sostanzialmente basato sulla paura. Di fronte alle prospettive terribili del cambiamento climatico, la reazione più comune è di tapparsi le orecchie per non sentire. Ma c'è anche chi reagisce in modo più aggressivo, sviluppando complesse dimostrazioni del perché il cambiamento climatico non può esistere, oppure non ci può far danni, o comunque non vale la pena fare niente in proposito. Il risultato è il fenomeno del "trollismo climatico," complesso e variegato e, a suo modo, affascinante. Questo testo ne descrive alcuni tratti.


Dei troll e altre bestie - di Ugo Bardi



Quelli che "io vorrei per favore sapere". Categoria estremamente perniciosa; immaginatevi un lupo che si è calcato in testa un cappello di lana per far finta di essere una pecora. Allora, arrivano e ti dicono "caro professore, vorrei che mi spiegasse per favore il ruolo della CO2 nel riscaldamento globale". Tu glie lo spieghi, e loro ti chiedono del vapore acqueo, poi degli altri gas serra, poi del ruolo del sole, e alla fine ritornano alla casella di partenza - come al gioco dell'oca - dove ti rifanno la stessa domanda fatta all'inizio, ignorando completamente quello che gli avevi detto. Non gli interessava sapere nulla da te, volevano solo farti perdere tempo. Sono più falsi degli inserti di mogano sul cruscotto della Fiat Duna.

Quelli che "tanto non mi freghi, lo sai". I classici complottisti che si bevono tutto in doppia dose; con e senza zucchero. Credono a tutto: all'allunaggio inesistente, alle scie chimiche, al terremoto di Haiti causato dalla H.A.A.R.P, alla CIA che ti legge direttamente i pensieri e al gatto di casa che è una spia del KGB. Ovviamente, per loro tutti i complotti sono veri; e non trovano nulla di strano che decine di migliaia di scienziati si siano messi d'accordo per imbrogliare tutti quanti inventandosi un riscaldamento globale che non esiste. E che se lo siano anche detto fra di loro per posta elettronica senza pensare che qualcuno poteva intercettarli. Geniale, no? Questi qui sono i seguaci ideali di gente tipo Jim Jones che ha convinto i suoi a suicidarsi in massa per lui.

Quelli che "oggi fa tanto freddo". C'è una categoria di negazionisti che rispuntano tutti gli anni, verso Dicembre-Gennaio, un po come le chiocciole a primavera; sono stagionali. Ogni anno, gli devi rispiegare che il "riscaldamento globale" per ora si limita ad alcuni decimi di grado in media.  Se in inverno fa freddo e se nevica a Gennaio non vuol dire che il riscaldamento globale non esiste. E' la media che conta. Ma non lo capiscono e, se lo capiscono, l'anno dopo, se lo sono dimenticato e ricominciano. Probabilmente hanno un ciclo di vita molto breve e rinascono ogni anno da qualche baccello che sta in cantina.

Quelli che "dov'è la prova?" Questi sono più duri delle noci di cocco; anzi, proprio di coccio. Continuano a ripetere la stessa domanda: "qual'è la prova?" e qualunque cosa tu gli  dica ti risponderanno "questa non è una prova" oppure "questa è solo una teoria". Neanche a buttargli in testa un secchio d'acqua ammetteranno che è bagnata.

Quelli che "io non sono uno scienziato, ma...." cominciano così è poi si sentono in dovere di spiegarti la loro teoria sulla non esistenza del riscaldamento globale, condensata in poche pagine di cui ti danno il link, oppure te la riscrivono tutta lì per li', sul blog o sul forum. Se poi non glie la commenti frase per frase ti accusano di ignorarli e di disprezzarli. Se invece perdi tempo a demolire i loro argomenti, ti accusano di essere un venduto alla scienza ufficiale e che li stai infamando per tuo profitto personale. La loro potenza di fuoco verbale è spesso strabiliante e tenderanno letteralmente a sfiancarti ribattendo colpo su colpo con le loro teorie - all'infinito.

Quelli che "io sono uno scienziato e quindi...." Questi possono essere farmacisti in pensione, studenti al primo anno di biologia, ex riparatori di televisori o qualunque cosa li possa vagamente qualificare come scienziati. Non hanno la minima idea di cosa sia la scienza del clima che non si sono nemmeno vagamente preoccupati di studiare ma, ritenendosi degli scienziati, loro sanno tutto senza averne bisogno. Questa categoria è l'opposto filosofico di quella di cui sopra ("io non sono uno scienziato, ma...."). Uno potrebbe sperare che quando si incontrano si annichilino a vicenda emettendo raggi gamma, come se fossero particelle e antiparticelle. Purtroppo non è così; anzi, si trovano perfettamente d'accordo perché dicono le stesse cose.

Quelli che "non hai letto il riferimento bibliografico che ho citato". Questi sono una categoria a parte che hanno trovato il modo di aumentare il loro volume di fuoco verbale citando riferimenti bibliografici più o meno completamente a caso. Il loro capostipite è quel Bjorn Lomborg che riempie i suoi libri di citazioni bibliografiche a sproposito, sostenendo che supportano le sue tesi. Questi ti sparano cose tipo "ma non hai letto Navetta su Atmospheric Regress vol 12 1997 p 121" leggitelo e vedrai che ho ragione. Tu ci vai, ci perdi una buona mezzora, ti accorgi che non dice niente di quello che il tale diceva che diceva. Ritorni da lui e glie lo spieghi e lui ti dice: "allora leggiti Dirtzen su Environmental Finds del 14 2004 p 148". E così, te la mena all'infinito e il bello e che ci perdi molto più tempo tu di lui e se alla fine vai fuori di testa e lo mandi a quel paese, si mostra dispiaciuto e ti da di insofferente.

Quelli che "tanto lo so che sei un agente dei poteri forti." Questi qui sono straconvinti che tutto quello che dici lo dici perché sei pagato per dirlo. Ovvero, che sei un emissario della CIA, dell'FBI, degli gnomi di Zurigo, del grande vecchio di Caltanissetta, del grande Puffo e in effetti di tutte queste cose insieme. Se cerchi di farli ragionare, fai peggio, perché cadi subito nella "Trappola di Desdemona", ovvero tutto quello che dici per cercare di spiegarti viene preso come prova che allora è vero che sei pagato.

Quelli che "perchè non muori ammazzato?" Categoria ancora rara in Italia, per fortuna, questi sono persone fortemente politicizzate e dallo scarso equilibro mentale. Hanno trovato nella scienza del clima uno sfogo che in altri luoghi e altri tempi li avrebbe spinti a ingrossare - per esempio - le file del Ku Kux Klan in America oppure degli Ustascia in Croazia. Qui, si può sperare che le loro invettive si limitano a minacce via email; fastidiose ma, sperabilmente, solo virtuali (per ora).

Quelli che "ma perché te la prendi tanto?" Questi all'inizio fanno la parte della persona ragionevole; ma in realtà hanno la testa piena di tafani che ronzano. Arrivano citando "science" o il "New York Times" e "Nature". Dicono che bisogna ripensare a certe cose, che bisogna prendere posizioni più possibiliste, eccetera. Se non gli dai retta, ti danno di estremista, se glie la dai, ti trascinano in ragionamenti impossibili. La cosa che gli da più fastidio è di essere ignorati - tattica da tenersi in ogni caso. Se, in questo modo, riesci a farli arrabbiare per davvero, riveleranno la loro vera natura tirando fuori una serie di insulti da indemoniati.



lunedì 22 aprile 2013

Dei Troll e altre bestie

Da “The Oil Crash” Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

nella misura in cui l'impatto di questo blog è andato aumentando nel tempo è anche aumentata la lista di coloro che fanno della rabbia e del diversivo la propria ragione di essere nelle discussioni di questa chiesuola. La persistenza ed i mali modi di alcuni di questi troll mi ha obbligato da un paio di mesi a sottomettere tutti i commenti a censura preventiva (che a volte tolgo temporaneamente ma che dopo poco mi vedo obbligato a rimettere di fronte ad un nuovo assalto dei fanatici). Dopo tre anni di viaggio – ancora un periodo breve ma già significativo – mi sono più o meno fatto un'idea di che tipo di troll si possono incontrare da queste parti. 

Oggi qui vi offro la mia classificazione sommaria, come un esercizio perché possiate riconoscerli. Non vi spaventate se vi riconoscete in alcuni dei vizi che illustro: tutti abbiamo, a volte, qualche sfaccettatura da troll, ma pochi sono quelli che insistono, persistono e investono senza sosta. Sono loro i veri troll. In questa prima approssimazione alla tassonomia dell'individuo, classifico i troll secondo cinque grandi direttrici: motivazione, tono, ciò che commentano, intensità ed astuzia. 

* * * Per la motivazione: * * *

- Lo schizzato: A un certo punto ho detto una cosa che non rientra nei suoi schemi o, peggio ancora, che considera un peccato imperdonabile e da quel momento se lo segna al dito. Siccome dico tante cose, inevitabilmente devo avere una certa lista di schizzati, che logicamente aumenta col tempo. Questa gente è implacabile, non molla mai la presa e torna in continuazione al punto di partenza, poco gli importa di cosa si sta parlando in quel momento. Il bello è che il motivo del suo schizzare molte volte non hanno niente a che vedere con l'energia, il tema di questo blog: 

Esempio: Hai detto che i Bee Gees ti davano il mal di testa. I Bee Gees!! Sei incapace di comprendere la raffinatezza nell'arte, così non so come puoi pretendere di capire il processo di raffinazione dell'uranio.

- Il risentito: In alcune occasioni non gli sono corso in aiuto durante una zuffa, oppure l'ho ripreso per qualche suo commento fuori tono, o a lui è parso che io applaudissi il pazzo di turno perché gli ho dedicato parole piene di comprensione anziché attaccarlo (esacerbando così la sua paranoia). Il nostro amico c'è rimasto male ed ora non perde occasione per rinfacciarmi quel comportamento, che sia o meno a proposito.  

Esempio: Bene, ora ti sembra male la teoria del Cittadino X, ma quando rideva della mia formulazione pandorica non hai detto niente (e quello che gli esperimenti posteriori hanno mostrato che era fattibile). Spero che te ne capaciti in futuro, Antonio, anche se ormai il danno è fatto.

- Lo stordito: Non importa ciò che dici, questo ti porta sempre agli extraterrestri, al chip nella mano e ad ogni sorta di energie libere. Cercare di ragionarci è inutile, perché il suo cervello è come una spugna ma tutta bucata: tutto ciò che entra, esce. Si ripropone più dell'aglio: credo che ricominci ogni giorno. O forse ogni ora.  

Esempio: Sí, sí, lo vedrete... il momento si avvicina e i poteri nell'ombra (che saranno presto svelati) ci faranno vedere quanto ti sbagliavi quando ci hanno sottomesso. Tu dove lo vuoi il chip, Antonio, nella mano o nella fronte? (più o meno così. Dovrei mettere alcuni errori di ortografia e rimuovere alcune parole necessarie nella frase che poi bisogna dedurre, perché risulti più realista). 

- Il suscettibile: Ci sono determinati temi che non si possono toccare, perché se lo facciamo, secondo lui, si riconosce il nostro pregiudizio ideologico. Quando non parliamo del suo, ma quando esce l'argomento c'è un suo commento dopo pochi secondi: sembra che stia di guardia. I temi sui quali non possiamo opinare di solito hanno un carico economico importante. I bello è che a volte liberano tutta una serie più o meno prefabbricata che non quadra con quello che ho detto realmente.

Esempio: Stiamo ancora criticando l'energia nucleare, come si addice a questo blog prevenuto; col seguito che hai, Antonio, si esige da te un maggiore rigore scientifico e più precisione nei dati. Non puoi dire che Cernobyl ha causato più morti di tutti di tutti gli incidenti stradali in Europa, perché a Cernobyl il numero esatto delle persone che sono morte è zero. (Nel post si menziona solo il costo di mantenere le infrastrutture, senza entrare in ulteriori considerazioni).

- Il Noioso: Non ha vita propria e sonnecchia intorno a The Oil Crash, aspettando che esca un nuovo post. Se non arriva, si dedica a piazzarsi in tutte le conversazioni che si producono per vedere se si animano. I suoi commenti di solito sono vaghi, non specifici, quasi trasparenti, fino all'estremo di non contenere (quasi) alcuna informazione. Ma possono creare, questo sì, un putiferio di commenti e sviare la direzione della discussione per un nonnulla. Questo tipo non c'è molto su questo blog, a dire la verità. 

Esempio: Credo che se riflettesse meglio sulla sua critica si renderebbe conto di quanto sia infondata. Senza acrimonia... (In realtà, nessuno sa a cosa si riferisca e il “Senza acrimonia” mette ancor più di cattivo umore chi lo riceve, 200 commenti più tardi nessuno si ricorda che il post era sull'estinzione dei gamberi nel Mediterraneo). 

* * * Per il tono: * * *

- L'energumeno: A seconda del giorno, può insultare un server, la sua famiglia, l'istituzione per la quale lavora o il mondo in generale. Da lontano sembra pericoloso e a volte si lascia sfuggire minacce più o meno velate. Può provocare molto rumore se la gente comincia a rimproverargli il suo atteggiamento negativo, il che non fa altro che peggiorare e far crollare la discussione in corso.

Esempio: Signor AMT, al muro, perché fascista e stronzo (messaggio vero, che ho ovviamente cancellato).

- Il puntiglioso: Guai a te se un giorno dai un dato inesatto, che sia di uno o diecimila. Ti colpirà con Wikipedia, con l'Enciclopedia Britannica e con con L'Ayur Veda. E' capace invischiarsi in una discussione di decine di commenti per un dettaglio tecnico accessorio e irrilevante. Generalmente i post li rileggo una volta, e a volte quando li pubblico mi rendo conto all'ultimo secondo di un errore e dico “merda”. Provo a correggerlo ma per quando riposto correttamente, il mio errore risalta già nel primo commento. Sob! Ora mi toccano minimo dieci commenti per giustificare l'errore o omissione non era poi chissà cosa e non cambia il senso del post...

Esempio: Sarei d'accordo con la sua osservazione sulla migrazione della rondine, ma è inesatto che migrino all'inizio di novembre come dice lei; generalmente lo fanno alla fine di ottobre, anche se con i cambiamenti della temperatura media si sono viste rondini in migrazione in date tarde, come a San Alberto; in nessun caso, però, a inizio novembre. (Questo da luogo ad un appassionato incrocio di repliche e controrepliche con altri lettori; sì, AMT ha ragione perché nella Catalogna Centrale emigrano la prima settimana di novembre; già, anche se lui vive nel Ampurdán, cosa succede a Barcellona, con l'effetto basco a volte ritardano, ma questa non è una migrazione normale, visto che uscire prematuramente causa molta mortalità, che si sa, ecc. Il post era sulla deindustrializzazione della periferia economica). 

- Il compassato: Tutto va bene finché il mio linguaggio pulito e limpido, tanto nel post in sé, quanto nella sezione dei commenti. E così, siccome nel post curo di più la redazione, nei commenti, fatti molte volte al volo e con poco tempo, la mia espressione può essere più colloquiale e in qualche caso suonar male. Enk!!! Errore; il compassato me lo segnalerà. Alla fine ho la sensazione di tornare ad essere al collegio coi reverendi padri...

Esempio: Hai detto cacca: è improprio in un blog con questo rigore, il linguaggio è il miglior biglietto da visita di un uomo. (Dopo dieci scambi di questo tenore finisco per evocare il luogo da dove esce il prodotto della sua preoccupazione).

- L'ironico: Ci fustiga con la frusta della sua sufficienza, guardandoci dalle altezze alle quali la sua esperienza del sapere e del mondo lo hanno elevato. Relativizza tutto e scrive frasi di senso cambiato su temi molto seri, risaltando l'ironia della situazione, anche se dubita che la possiamo cogliere in tutta la sua intensità. E' solito sfidarmi a comprendere i suoi complicati giochi di parole come se a me ne importasse una sega – ops, pardon, che mi si attizza il compassato.

Esempio: Vedo che non capite che il male di una società senza governo è che è questo, una società senza governo. Di queste cose ti rendi conto quando arrivi all'età adulta. Se volete le discutiamo quando crescerete. (Tale enorme provocazione genera più di 100 commenti. Io parlavo della fame in Grecia, ma a tutti sembra interessare di più il tiro al prepotente).

* * * Per ciò che si commenta: * * *

- Il fanatico: Spara su tutto ciò che si muove e anche su quello che non si muove. Sta lì dal primo minuto e non se ne va finché non si spengono le luci: Sto tentando di lasciargli la chiave perché chiuda quando esce. 

Esempio: Questo post è pura immondizia, dalla prima lettera al punto finale. Si salva solo una virgola. 

- L'allevatore di colombi: Questo è quello tipico che comincia a commentare un post di due anni fa. Vedo il suo messaggio e lui mi chiede di più. Chiede di cose che sono già spiegate nel blog in post posteriori al “suo”, ma se non gli dai i link ai post, lui ti dirà che non hai trattato quei temi. E' arrivato tardi ma non pretenderai che faccia tutto il lavoro, no? Evidentemente per qualche motivo, che non conosco, il mio dovere è convincerlo, o lui sembra pensarlo. 

Esempio: D'accordo, va bene, c'è un problema col petrolio perché fino al 2009 la produzione era giunta in stallo, ma cos'è successo dal 2009? Sono già 4 anni si sono avviati molti giacimenti, eh? (Gli ricordi che il post nel quale commenta è del marzo 2010 e lo rimandi ai post attuali, dandogli i link, naturalmente). D'accordo, d'accordo, ma cosa succede con le rinnovabili? Qui nessuno parla di rinnovabili, ma è chiaro che sono il futuro: non mi verrai a dire di no! (sigh).

- L'impermeabile: Questo non sai da dove sbuca, se per bulerías (canto e ballo andaluso, ndt) o per peteneras (tipo di canzone popolare, ma anche dire spropositi, ndt). Non si capisce cosa lo preoccupi ma lui pensa che il problema sei tu, che non lo capisci. Mescola concetti di Fisica fra di loro fino a farne un tutum revoltum indecifrabile. Quando alla fine ottieni che sia qualcosa di intellegibile, ti rendi conto che è una banalità. Se la spieghi, non la capisce. Se la rispieghi, non ti capisce. Se lo spieghi con parole semplici, alla fine ti capisce. No, non ti ha capito, devi ricominciare da capo... 

Esempio: Ma, per capire, qual è l'EROEI del rame? Perché se non mi dici qual è l'EROEI del rame tutto il tuo ragionamento non ha senso. Alla fine e all'inizio, il rame ha poca entropia e l'entropia che ha l'elettricità è l'elettricità che circola nel cavo, anche se suppongo che in un condensatore l'entropia è zero (dieci commentatori su dieci hanno gettato la spugna nel tentativo di spiegarglielo, dopo 50 commenti).

- Quello che dice sempre l'ultima parola: E' come l'olio, rimane sempre a galla. A prescindere di cosa si parli, l'ultimo commento dev'essere suo. Se è puntuale, aspetta due o tre giorni che il post si passato di moda per fare in modo che l'ultimo commento che si vede sia il suo, il che generalmente è sottilmente squalificante. Strategia inutile, primo perché non mi lascio torcere il braccio e secondo perché Blogger mostra solo i primi 200 commenti se non schiacci il tasto “carica più commenti” alla fine della pagina. 

Esempio: Bene, ma devi ammettere che le riserve di litio che usavi non erano buone e che, pertanto, il tuo calcolo e il tuo ragionamento basati su di esse erano completamente sbagliati. Pensavo che fossi un uomo intelligente: non succede niente a rettificare (l'impatto sul calcolo delle riserve era già stato spiegato cinque volte, ma anche così il messaggio si ripeteva più o meno sulla stessa linea, ogni volta, finché non tornavo e tornavo a replicare). 


* * * Per l'intensità: * *

- Il rumoroso: Si fa notare. Commenta tutti i post. La prima linea di battaglia è nel proprio blog e lui non eluderà la lotta. La coerenza dei suoi argomenti non è la cosa più importante.

Esempio: La relazione fra disoccupazione e consumo non mi sembra evidente, hai qualche modello che lo accrediti?

- L'economico: Non intendo dire economista, ma che economizza i suoi sforzi, cosciente che non ha senso combattere tutte le battaglie. Non commenta tutti i post, solo quelli che toccano interessi per lui vitali e lì sì, il suo spiegamento, in quanto a documentazione, è degno di ammirazione. I suoi cavalli di battaglia sono soliti essere il nucleare, le energie rinnovabili o il cambiamento climatico. 

Esempio: Vedo che lei ignora l'articolo di Gagnaman et al del 2012, dove commentano i cambiamenti di volume del ghiaccio in Antartide e sebbene nella penisola Antartica il ghiaccio diminuisce, nell'insieme aumenta e questo confuta completamente il cambiamento climatico. 

- Il distante: Non si scomoda a venire a discutere qui, non sia che ribattano alle sue argomentazioni; mi critica ferocemente, ma non qui, in altre pagine, che mi vengono linkate. Non si preoccupa di attribuirmi frasi che non ho pronunciato, o idee che non hanno niente a che vedere con ciò di cui parlo (per esempio, che il mio modello economico non funziona, quando in realtà io non ne propongo alcuno). E' solito ricorrere al ad hominem con una certa fissazione per il mio profilo accademico, che cerca di screditare con gli argomenti più peregrini.

Esempio: Fanno arrossire le teorie del tale Turiel, cosa ne saprà un Fisico di Economia, con una laurea di un'Università di qui, che sappiamo già che le regalano (il post forse trattava l'incapacità di raffinare il diesel da certe sostanze).


* * * Per l'astuzia: * * *

- Il bulldozer: Per lui è tutto uguale, va a tavoletta. Grida e insulta, se è necessario, e le sue idee sono.. ehm.. non molto sottili. Il vantaggio è che lo si vede arrivare. Lo svantaggio e che non lo si vede andarsene. Da quando c'è la censura, questa specie è scomparsa per i lettori, ma non per me, che devo filtrare i suoi sfoghi:

Esempio: Per K.N.: I problemi della Spagna vengono dalla corruzione e dall'emigrazione, se non lo capisci è perché bene che vada sei un politico o un emigrante, in ogni caso un figlio di p.

- Il saputello: Sa di cosa sto parlando, almeno in questo post. Va oltre, se lui sa di cosa sto parlando, sono io che non lo so. Che sia lui ingegnere o che lo sia suo cognato: lui sa e le cose sono come dice lui. Punto. Come minimo, porta dei dati. 

Esempio: Ho lavorato all'ampliamento della raffineria di Gdansk e non è vero pertanto che non si siano aperte raffinerie nuove in Europa, quello che lei dice non ha né capo né coda (un ampliamento non è una nuova raffineria). Mi perdoni, ma sono state cambiate tutte le torri e i catalizzatori ed ora si può lavorare greggio pesante. E' stato costruito tutto da zero: E' una nuova raffineria (una raffineria non è solo le unità di cracking, ma i depositi, l'infrastruttura di distribuzione, ecc. E' certo che la capacità di raffinazione si mantiene abbastanza costante, mentre la capacità occupata troppo spesso al di sotto del 80%, il che compromette la redditività). Lei è mai stato in una raffineria? Tutto qui. 

- Il mamporrero (persona che ne aiuta un'altra a dar fastidio ad una terza) : Viene a fare qualche lode per poi, in tono amichevole e come involontariamente, darti una pugnalata con l'intenzione di screditati. Non è facile da riconoscere, a volte si fanno domande simili senza cattive intenzioni: è solo la persistenza che ne evidenzia la malafede.

Esempio: Eccellente articolo, AMT, di classe magistrale come sempre. Ho un dubbio: da dove viene il materiale XXX? (Risposta: dalle miniere) Ma allora lei disdegna il riciclaggio? (No, non lo disdegno, ma non è così importante) Non lo capisco: nel 2012 la massa riciclata equivaleva al 50% della produzione e va aumentando ad un ritmo del 5% all'anno, quindi in 10 anni si riciclerà il 100%. Questo non invalida l'argomento centrale del suo articolo? (Figa, come mai non mi sono reso conto di una cosa del genere? Cerco e ricerco documentazione. Nel primo documento la cosa è chiara ed evidente: ciò che il nostro amico chiama “massa riciclata” in realtà è “massa raccolta”, ma di fatto riciclare si ricicla poco perché ha un costo energetico molto elevato, che documento nella risposta) Non so, non so, non sono tanto convinto: sicuramente in un prossimo futuro si potranno trovare procedimenti alternativi meno costosi: guardi questo articolo del 2009 che lo spiega (se avevi questo articolo, riferimenti ricercati e difficili da ottenere, dall'inizio sapevi che la chiave era il costo; allora cosa tergiversi e perché non giochi a carte scoperte?)

- Il cordiale: Esprime le sue idee con chiarezza e con cordialità ed è aperto a discutere e dibattere con grazia, eleganza e educazione. Tutto è irreprensibile. C'è solo una cosa che stona: la sua persistenza nel considerare solo un tipo di futuro, più vantaggioso forse non per tutti, ma per noi sì, senza dati che lo avvalorino ed anche se i dati gli vanno contro. Forse in realtà non è un troll, o non deliberatamente, ma qualcuno che sta cercando di superare le proprie contraddizioni interne. Proprio per questo, non è semplice fare un esempio. 

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

Infine, queste sono le mie osservazioni sul campo dopo questi tre anni, osservazioni che potete migliorare aggiungendo i vostri esempio ma, per favore, senza trollarmi. 

L'unica cosa buona, a proposito dei troll, è che quando esce la luce del giorno e della verità si trasformeranno in pietra: E' una magra consolazione...



Saluti. 
AMT



sabato 20 aprile 2013

Cambiamento climatico: l'esempio di Fiesole

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Fiesole, una cittadina vicino a Firenze, è stata colpita dal cambiamento climatico proprio come qualsiasi altro luogo sul pianeta. Ecco il resoconto di un'iniziativa per portare il problema all'attenzione dei cittadini e per motivarli all'azione. In questa occasione ho cercato di usare alcune strategie che ho tratto principalmente da un documento sul cambiamento climatico di Peter Sandman, un professionista esperto di gestione del rischio. Fra queste strategie, Sandman suggerisce che dovremmo raccontare la verità sulla situazione, ma che non dovremmo cercare di far sentire la gente colpevole o di spaventarla. Dovremmo enfatizzare le misure concrete e le azioni che portano risultati che, nel caso del cambiamento climatico, significano considerare la mitigazione come qualcosa di importante quanto la prevenzione (e forse di più). Questo è un test, ma finora sembra aver funzionato a Fiesole. Ecco un elaborato del discorso che ho fatto all'incontro.  

di Ugo Bardi




Buongiorno a tutti. Per prima cosa, lasciate che vi dica che è un vero piacere essere qui a parlare tutti insieme di cambiamento climatico. Devo ringraziare l'amministrazione della nostra città per aver organizzato questo incontro ed anche i cittadini fiesolani che hanno trovato il modo di passare un intero venerdì mattina per occuparsi di questo tema.


E' qualcosa di nuovo: il cambiamento climatico è una di quelle cose di cui non si sente parlare così spesso, di recente. Era citato molto di più in passato, ma ora sembra che ci sia una specie di cospirazione del silenzio in proposito. In TV, sentite parlare di ogni sorta di stranezze, da quella cosa chiamata “Spread” al debito, ai bond, alla borsa e tutto il resto. E' come se non ci fosse niente di importante nel mondo se non il sistema finanziario.

Tuttavia, credo tutti noi abbiamo notato che c'è qualcosa d'altro che sta accadendo nel mondo reale. Vedete, io non sono uno specialista in scienza del clima, anche se ho fatto del mio meglio per studiare il tema. Ma penso anche che non ci sia alcun bisogno di essere uno specialista per notare cosa sta accadendo. Lasciate che vi mostri questa immagine:


Sono sicuro che riconoscerete questo edificio: è quanto rimane della ghiacciaia di Monte Senario, non lontano da dove ci troviamo oggi. Certamente saprete anche che, un secolo fa, la gente scaricava tonnellate e tonnellate di neve invernale nella pancia di quell'edificio cavernoso per farci il ghiaccio. Ghiaccio che poi vendevano a Firenze durante l'estate.  

Naturalmente, questo oggi non è possibile. Quest'inverno non abbiamo avuto per niente neve a Fiesole. Anche due anni fa, quando abbiamo avuto una grande tempesta di neve, è durata soltanto 2 o 3 giorni e poi la neve si è sciolta. Così, oggi, al più saremmo in grado di raccogliere in inverno ghiaccio sufficiente per fare qualche cono gelato in estate – se siamo fortunati. Infatti, le cose sono cambiate molto!

Ora, se il problema fosse solo che non possiamo più avere ghiaccio dalla neve invernale, be', potremmo dire che non è importante: abbiamo inventato i frigoriferi! Ma il cambiamento climatico prende altre forme e crea altri effetti. Lasciate che vi mostri questa foto, scattata la scorsa estate a Fiesole:



Ho raccolto fichi dagli alberi in estate per tutta la mia vita. Ma non avevo mai visto i fichi seccarsi sui rami prima di maturare. Questo è qualcosa di completamente fuori dal normale e fa il paio con altri cambiamenti nella vegetazione che si possono osservare. Molta gente ha notato come le valli di Fiesole stiano diventando gialle in estate. Questa è una cosa molto fuori dal normale: se ci pensate, potrete sicuramente ricordare che, fino a pochi anni fa, Fiesole rimaneva verde per tutta l'estate. Ora, questo è un grande cambiamento: potrebbe essere collegato alle temperature, alla siccità o all'inquinamento. Ma è un cambiamento che non possiamo ignorare. 

E non è tutto. Come sapete, lo scorso anno ci sono stati due grandi incendi nella valle. Lasciate che vi mostri una foto del fuoco che ha quasi distrutto il borgo di Monte Rinaldi.


Stavo tornando a casa quel giorno e, mentre passavo di fronte alla collina, ho visto fiamme gigantesche innalzarsi da dietro la collina. Posso dirvi che faceva veramente paura. Così, sono andato a casa, ho preso la mia macchina fotografica e sono tornato lì per fare qualche foto. Fortunatamente, a quel punto le fiamme erano quasi spente. Ma ci sono volute diverse ore e due elicotteri per estinguere completamente il fuoco. A parte tutte le altre considerazioni, pensate a quanto sia costato mantenere in volo quegli elicotteri così a lungo! E questo è un costo che dobbiamo pagare tutti noi come cittadini. 

Naturalmente, non si può attribuire un singolo evento, un incendio in questo caso, al riscaldamento globale. Sì, ma io ho vissuto per più di 40 anni in questa valle e ricordo un solo incendio sufficientemente grande da richiedere un elicottero per essere spento. Forse ce ne sono stati altri, non ne sono a conoscenza, ma quest'anno, come sapete, ci sono stati due grandi incendi vicino a Fiesole in un solo anno. Questo dovrebbe dirci qualcosa. 

Allora, cosa sta accadendo? Cambiamenti, grandi cambiamenti. E non solo siccità ed incendi. Oggi tendiamo ad usare il termine “cambiamento climatico” piuttosto che “riscaldamento globale”, come si usava fino a non molto tempo fa. Questo perché gli effetti del riscaldamento globale sono molto più complessi di quanto ci sembrassero all'inizio. Non si tratta solo del fatto che fa un po' più caldo, è l'intero clima che cambia in modi imprevedibili. Lo scorso anno c'è stata una terribile siccità, quest'anno è piovuto per sei mesi quasi ininterrottamente. Il clima sta diventando caotico. Gli specialisti su questo argomento possono dirci il perché, ma tutti noi ne vediamo le conseguenze. 

Fra le conseguenze del cambiamento climatico, ci sono alluvioni e tempeste di neve. Lasciate che vi mostri una foto di una grande tempesta di neve di due anni fa a Fiesole.


Bello, certo. Ma dobbiamo ricordare che la neve era così comune nella nostra città qualche decennio fa, che la gente doveva esserci abituata. Oggi, quando ci sono due giorni di neve, è un disastro! Nessuno sa più cosa fare. La cose cambiano! 

La stessa cosa vale per la pioggia. E' sempre piovuto a Fiesole ma, ora, quando piove lo fa così forte che crea grandi problemi. Ricordate cosa ci diceva l'assessore all'agricoltura proprio prima del mio intervento? Ha detto che ogni anno subiamo qualcosa come 3 milioni di euro di danni a causa dei fenomeni atmosferici. Questo non può essere totalmente attribuito al cambiamento climatico, naturalmente, ma una buona parte sì. 

Così, penso che non serve che gli scienziati del clima ci dicano che il clima sta cambiando. Lo possiamo vedere coi nostri occhi. E non è necessario che ci addentriamo in una di quelle orrende discussioni sul fatto che sia vero o meno, che sia causato o meno dagli esseri umani, se sia una grande truffa è tutto il resto. Potete pensarla come volete su questo argomento; forse non è così grave come dice certa gente. Forse qualcuno ci sta facendo i soldi sopra. Forse non è colpa nostra o, perlomeno, non completamente. Potremmo discutere di queste possibilità fino a che ci cadono le mascelle sul pavimento. Ma il punto è che tutti stiamo vedendo il cambiamento e non lo possiamo ignorare. 

E il punto è che questo corrisponde a quello che gli specialisti ci hanno sempre raccontato. Guardate questa immagine:



Guardate la linea rossa. E' la temperatura media della Terra secondo lo studio più recente. Comincia a salire rapidamente più o meno da quando abbiamo cominciato a bruciare carbone, circa due secoli fa. E, come vedete, la temperatura al tempo in cui era attiva la grande ghiacciaia di Monte Senario era perlomeno di circa mezzo grado (centigrado) inferiore di quella odierna. Così, solo mezzo grado è sufficiente a portare cambiamenti molto grandi. Pensate quindi a cosa potrebbe accadere con 2 o 3 gradi in più, come gli scienziati dicono che accadrà se continuiamo a bruciare combustibili fossili – come pare probabile che continueremo a fare. 

Ora, guardate questa immagine:

E' il mondo come potrebbe essere nel 2030-2039 secondo uno studio di “UCAR”. Le aree rosse della mappa indicano siccità. Fate attenzione su questo punto: è un “indice di siccità”. Non significa solo che piove meno. Significa anche che la pioggia arriva al momento sbagliato e fa più danno che guadagno. Guardate il Mar Mediterraneo: non è una regione solo rossa, è viola. Così, le siccità che abbiamo visto intorno a noi hanno senso – è qualcosa che ci si aspettava e che ci si aspetta che aumenti nei prossimi decenni. Siamo proprio nel posto sbagliato del mondo, in termini di siccità future. 

Quindi, vedete cosa stiamo affrontando. Potrebbe non essere politicamente corretto dire quello che dico, ma siamo tutti adulti. Non ci piace quando scopriamo che la gente ci sta “addolcendo la pillola”. Credo che si debbano dire le cose come stanno. Dobbiamo affrontare un futuro, nei prossimi decenni, in cui avremo più siccità, più incendi, più ondate di calore, più inondazioni improvvise e, probabilmente, più tempeste di neve. Questo è ciò che vedremo, a prescindere da quello che faremo come cittadini di Fiesole e a prescindere da ciò che verrà fatto a livello di governi e di trattati internazionali. Il cambiamento climatico e qui con noi per restarci, almeno per qualche decennio. Lo stiamo vedendo, lo vedremo di più in futuro. Così, quando pensiamo alla nostra città, pensiamo a qualcosa di verde e bello: 



Ma ecco lo stesso luogo, visto da un'angolazione diversa dopo l'incendio dell'anno scorso. Per quanto ancora avremo una Fiesole verde?



Vedete che abbiamo un problema. Un grosso problema. Così, cosa facciamo?. Be', il primo passo per risolvere il problema è riconoscere che esiste e il fatto che ci troviamo tutti qui oggi, significa che riconosciamo che il cambiamento climatico esiste e che dobbiamo fare qualcosa. Questo è un grande passo avanti.

Io credo che il problema climatico sia risolvibile. Ma abbiamo bisogno di metterci insieme e fare qualcosa. Molto può essere fatto a livello internazionale, attraverso trattati per ridurre le emissioni e passare a forme di energia più pulita. Ma per ottenere questi trattati dobbiamo costruire un consenso che renda questi trattati necessari. E il consenso parte a livello locale – parte dalla gente e siamo noi la gente! Così, il nostro primo compito è quello di cominciare a costruire questo consenso qui a Fiesole. Pensateci: lo stiamo facendo proprio adesso! Vedo che state annuendo. Vedete? Non è difficile cominciare ad agire sul problema climatico!

Stavo guardando le vostre facce quando vi stavo mostrando quelle proiezioni di future siccità e incendi. Lo so, fa paura guardare al futuro e la tentazione e di girare gli occhi da un'altra parte o gridare qualcosa tipo “non è vero, è una truffa, un imbroglio, un trucco”. Ma ora che sapete che siete attivi, che state facendo qualcosa, vi sentite meglio, no?

Questo è un piccolo trucco che ho appreso da uno psicologo svedese di nome Lennart Parknas. Ha scritto un bel libro su come motivare le persone all'azione. Dice che l'azione è fondamentale: non si può fare niente per risolvere un problema finché non si è convinti di poter fare qualcosa per risolverlo. E' ciò che Parknas definisce essere "attivi". Il cambiamento climatico è un grande problema, ma i metodi per risolvere i grandi problemi sono gli stessi di quelli per risolvere quelli piccoli. Abbiamo bisogno di sapere che possiamo risolverli per risolverli.

Naturalmente, c'è molto di più che possiamo fare in più oltre a riunirci in una stanza e annuire a quello che qualcun altro dice. Ho discusso questo argomento con l'amministrazione della nostra città e ci sono un sacco di cose che possiamo fare insieme. Una è proteggere il nostro territorio dal fuoco: non vogliamo altri incendi come quelli dell'estate scorsa. Abbiamo bisogno di sorveglianza ma, più di tutto, ci serve preparazione. Probabilmente sapete che l'incendio di Monte Rinaldi è partito da un tale che ha pensato che fosse una buona idea bruciare foglie secche nel giardino in un caldo giorno di agosto. Non era preparato, ma nessuno gli ha detto, apparentemente, che quella non era un'idea così buona. Vedete? Non siamo preparati, non solo non lo era quel tale. Dobbiamo lavorare su questo!

La prevenzione degli incendi è un esempio di quella che viene chiamata “mitigazione” degli effetti del cambiamento climatico. Naturalmente, la mitigazione non risolve il problema climatico alla sua radice (quella viene chiamata “prevenzione”). Ma la mitigazione ha questo grande vantaggio di darci qualcosa di vero e pratico da fare. E se preveniamo gli incendi abbiamo una situazione doppiamente vantaggiosa. Facciamo qualcosa di buono in sé, ma creiamo anche consapevolezza sul cambiamento climatico intorno a noi. Creiamo il consenso, che è ciò di cui abbiamo bisogno.

Questo non significa che non possiamo fare prevenzione sul cambiamento climatico, qui a Fiesole – naturalmente possiamo. Dobbiamo procedere in parallelo con cose come le energie rinnovabili, una migliore efficienza in molte aree, dal riscaldamento di casa al trasporto. Ma la cosa più importante è lavorare per ottenere il consenso che il problema climatico esiste e per ottenere il consenso dobbiamo essere potenziati. Dobbiamo agire e lo stiamo facendo.

Così, il fatto che voi siate tutti qui mi dice che abbiamo una possibilità di fare qualcosa di buono e dare allo stesso tempo l'esempio ad altre città e paesi! Noi siamo una piccola città, naturalmente, ma dopotutto tutte le cose grandi all'inizio sono piccole!



giovedì 18 aprile 2013

L'era delle conseguenze



Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


“L’era dei rinvii, delle mezze misure, degli espedienti ingannevolmente consolatori, dei ritardi è da considerarsi chiusa. Ora ha inizio l’era delle (azioni che producono) conseguenze.” . Winston Churchill.

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

nella conferenza/dibattito di venerdì scorso, nella quale ho avuto l'onore di condividere il podio con Ferran Puig (autore dello straordinario blog sul cambiamento climatico “Usted no se lo cree”), questi ha citato la frase di Winston Churchill che oggi da il titolo al post. Churchill pensava, naturalmente, alle conseguenze che avrebbe avuto il non aver saputo o voluto contenere le velleità espansioniste della Germania nazista e Ferran la portava a paragone delle conseguenze che porterà all'Umanità intera non aver saputo o voluto far fronte al problema del Mutamento Climatico – ed è curioso vedere come l'aforisma si adatti tanto bene a questa situazione. In realtà la frase di Churchill riflette un aspetto di reazione profondo della psiche collettiva umana quando deve far fronte a sfide comuni che implicano certe rinunce, certe incapacità di tornare allo stato precedente, certe necessità di reagire e sforzarsi. E, come vediamo, tale molla psicologica è abbastanza senza tempo.

Ferran è riuscito anche a sintetizzare con grande tatto le sue preoccupazioni e le mie, con un diagramma sul funzionamento dell'economia. Nello schema classico, il pezzo centrale, il mercato, è l'unico rilevante. In uno schema più realistico e integrato, nel lato sinistro le risorse essenziali per lo sviluppo economico (energia e materiali) entrano nel mercato, mentre nel lato destro si tiene conto dei sottoprodotti dello stesso, sotto forma di inquinamento. E così, la mia preoccupazione sono le entrate nel sistema, mentre quelle di Ferran sono le uscite. Entrambe implicano l'impossibilità di mantenere un sistema che fondamentalmente si basa sul fatto che le entrate potranno aumentare all'infinito se così serve, mentre le uscite non generano nessun effetto nocivo significativo. Il trionfo di questa visione, con la quale il mercato occupa tutto il modello economico ed anche il trascendente, essendo considerato applicabile anche alle relazioni umane, è ciò ha portato ciò che è chiamato neoliberismo, noe-conservatorismo (neo-con) e ultimamente (visto che i termini sono assai obsoleti) anarco-capitalismo o teoria austriaca. Tale visione è, naturalmente, completamente ideologica. Parte da una visione del mondo che ha poco o nulla a che fare con la realtà e quando le si presentano elementi che confutano i suoi postulati si cercano spiegazioni contorte (dal tipo di modello logico-deduttivo impiegato, oltre il metodo scientifico che si pretende di superare, fino ad argomenti costruiti ad hoc per non accettare ed evadere dalla realtà). Ciononostante, l'evidenza che ci circonda è talmente clamorosa che sembra incredibile che si neghi ancora.

Una di queste evidenze alle quali è difficile sfuggire, è quella del cambiamento climatico. Il tema è stato trattato diverse volte da questo blog e la sua semplice evocazione è solita provocare l'infuocata reazione immediata di alcuni campioni del libero mercato che qui hanno il loro immaginario. Siccome per di più io non sono un esperto del tema, non mi inoltro ulteriormente dentro di esso. Semplicemente metto qui un grafico che Ferran ha messo su Facebook l'altro giorno per una vostra riflessione: è l'evoluzione del ghiaccio minimo di ogni anno nell'Artico.




Notate che dico volume, non superficie: la superficie diminuisce progressivamente, ma il volume lo sta facendo più rapidamente perché il ghiaccio è sempre più sottile e più giovane. Non c'erano molte sttime fino a poco tempo fa, il grafico è stato elaborato da Andy Lee Robison a partire dai dati di un un articolo di prossima pubblicazione nella prestigiosa rivista Geophysical Research Letters, usando fra le altre fonti dati del satellite Cryosat. La riduzione è di circa l'80% dal 1979. Ora provate a stimare quando arriverà a zero...

Il cambiamento climatico è l'effetto di una esternalità non tenuta in considerazione e in preventivo, in questo caso l'emissione di biossido di carbonio. Ma il biossido di carbonio è invisibile, inodoro e per lo più chimicamente sufficientemente inerte (a parte quando si combina con l'acqua, la quale viene acidificata) e in particolare non è tossico, per cui è difficile associare causa ed effetto. In altri casi l'esternalità residuale è ben visibile e tangibile, ma anche così si verifica su scala massiva in un buco, dove portano la nostra spazzatura tossica e dove nessuno guarda che popoli interi ne soffrono le conseguenze. E' il caso, per esempio (e ce ne sono diversi altri), della Somalia. Sulle coste somale la mafia italiana sta sversando tonnellate di rifiuti tossici e radioattivi che arrivano da tutte le parti del mondo, senza controllo e senza coscienza, causando gravi problemi ambientali, mettendo fine alla pesca locale ed intossicando la popolazione. Se avete stomaco vi raccomando il seguente documentario: Toxic Somalia.

I problemi ambientali sono gravi non solo nei paesi del Terzo Mondo che il mondo industrializzato usa sconsideratamente come discariche dei propri sottoprodotti, approfittando del lassismo o dell'inesistenza di regole che renderebbero impossibile tali cose da altre parti. Sono molto gravi anche in altre nazioni ed in particolare in una che ora tutto il mondo ammira come esempio di prosperità e buon fare: la Cina. Abbiamo da poco saputo dei "paesi del cancro" in Cina, problema che sta già raggiungendo una dimensione tale che i poteri politici dovranno prendere delle misure, anche in un paese tanto chiuso e controllato come quello. La Cina ha basato il suo benessere economico su un modello di sviluppo industriale accelerato che fornisce servizi a tutto il mondo ad un costo più basso, ma questo comporta sempre conseguenze (come sono state portate in India negli anni 70 e 80 del secolo passato: ricordate il disastro di Bhopal).

Ed uno dei maggiori drammi della Cina viene dallo sfruttamento delle cosiddette terre rare: metalli fondamentali per le nuove ed avanzate tecnologie che, nonostante il loro nome, sono relativamente frequenti sulla crosta terrestre, ma appaiono sempre in concentrazioni molto basse e si possono sfruttare economicamente soltanto se si presentano associate ad altri metalli più comuni in concentrazioni di interesse economico e, inoltre, si usano tecniche di lavorazione poco rispettose dell'ambiente, tecniche naturalmente proibite in occidente. Questo fa sì che, nonostante siano passati quasi tre anni da quando ho scritto “La guerra delle terre rare”, La Cina oggi continua, controllando il 97% della produzione mondiale di terre rare (le peculiarità dell'economia delle terre rare è qualcosa che sfugge al radar dei campioni del libero mercato e sono convinto che qualcuno farà un commento sul particolare, nonostante la clamorosa evidenza – tre anni dopo – del fatto che non sono sfruttabili in occidente. Rimando il lettore interessato al post di tre anni fa).

E' inoltre curioso verificare come, nonostante i ripetuti annunci del fatto che la produzione di neodimio al di fuori della Cina sarebbe sostanzialmente aumentata – e vedete che lo discutiamo nei commenti al post “Il documento sul neodimio nella generazione eolica“ -, il fatto è che la Cina continua ad essere il principale fornitore mondiale. Ma una cosa simile non si ottiene in cambio di niente: l'inquinamento all'interno della Cina è mostruoso. Non solo questo: il nostro modello di sviluppo rinnovabile si basa in parte su questo grande inquinamento (più che lo sviluppo rinnovabile, che ne fa un uso solo in termini di maggiore efficienza, le terre rare sono in gran parte utilizzate per l'elettronica di consumo: televisori lcd e plasma, iPhone, ecc, tutte cose non proprio necessarie... ndt), come denuncia – forse in modo interessato – il Daily Mail. Un semplice sguardo alla zona nord di Baoutou con Google maps ci mostra i segni visibili della devastazione dallo spazio: la miniera di ferro, gli stagni di percolato per recuperare le terre rare... Risulta scioccante che allora si parlasse di ultra protezionismo cinese nel limitare le esportazioni di terre rare raffinate, tenendo conto dell'enorme costo ambientale che stanno pagando e che probabilmente non potranno continuare ad assumersi in eterno. E se alla fine non si crea un conflitto generalizzato per le terre rare è perché un occidente malaticcio ha minore appetito di questi materiali, visto che gli manca ciò di cui ha veramente bisogno, che è il petrolio a basso prezzo. Quello che mi pare curioso è che alcuni perdano tempo in misurate riflessioni sui modelli di integrazione di un tipo di energia generata (elettricità) che non si può facilmente assimilare alla nostra società senza capire che quello che la carta supporta non sempre si trasporta e che tentare semplicemente di mettere cerotti a quello che c'è è in realtà allungare inutilmente l'agonia del BAU.

Come vedete, quindi, le conseguenze vengono non solo dal tentare di mantenere un sistema insostenibile basato su un gran consumo di combustibili fossili ed altri materiali, ma anche con un altro sistema basato sulle energie rinnovabili ma che usa sistemi di captazione concepiti nella grandiosità industriale attuale e che pertanto consumano a loro volta una grande quantità di combustibili fossili ed altri materiali (fino al punto che si pone la questione se siano in realtà mere estensioni dei combustibili fossili). Ma ancora adesso, i nostri gestori e pianificatori sembrano ignorare il principio di Merton delle conseguenze inaspettate e non tiene presente – a volte nemmeno conoscono – le esternalità del nostro sistema produttivo attuale e nemmeno quelle del sistema che proponiamo come alternativa.

La questione delle esternalità, delle conseguenze di un modello di sviluppo che non tiene conto dei rifiuti che si lascia dietro, è abbastanza poco apprezzata dalla teoria economica dominante oggi. Peggio ancora, l'atteggiamento generalizzato verso queste questioni è di disprezzo, come se coloro che portano l'argomento che non si potrà sfuggire eternamente dalle conseguenze fossero idealisti infantili e qualcosa di peggio: cospiratori contro il benessere comune o contro il capitale. Così, è diventata moneta comune, fra certi economisti di prestigio mediatico, quella di attaccare la scienza del cambiamento climatico, nonostante la loro ignoranza della stessa. In un lancio di dadi in più, alcuni usano epiteti squalificanti per gli scienziati e i gruppi di divulgazione che lavorano sul tema, come allarmisti o 'riscaldologi' ed altre qualifiche. Questa strategia di dare etichette facili serve al fine di screditare senza necessità di discutere; è il vecchio errore di appello al ridicolo. Un'altra strategia di ridicolizzazione mediatica del problema consiste nel prendere la parte per il tutto (i problemi di una persona concreta si estendono a tutta la comunità, compreso chi non vi appartiene). A volte si esagera anche l'importanza degli errori (come nella trascrizione del rapporto del IPCC della data stimate della fusione dei ghiacciai dell'Himalaya – dove si è scritto 2050 anziché 2500 e a partire da questo piccolo errore di battitura sono state ridicolizzate le migliaia di pagine del rapporto).

Siccome non tutto si può risolvere nell'attaccare, i gruppi negazionisti del cambiamento climatico devono fare le proprie previsioni e così ripetono certi errori che in seguito abbandonano, quando diventa evidente che non sono certi, cambiando sempre il contenuto ma mai l'atteggiamento. Per esempio, ricordo che fino a cinque anni fa dicevano che il mondo si era raffreddato durante l'ultimo decennio, senza tenere in considerazione che fenomeni ciclici come El Niño e La Niña modulano il segnale climatico e che la temperatura non sale ad un ritmo costante ma in modo complicato, sfalsato e che per vedere le tendenze bisogna osservare periodi lunghi. Di fatto nei cinque anni seguenti la temperatura è aumentata in modo accelerato ed ora quello che dicono è che non c'è stato riscaldamento negli ultimi 16 anni... Ricordo che qualche anno fa, per le stesse fluttuazioni, si insisteva sul fatto che la maggioranza dei ghiacciai del mondo avanzavano anziché retrocedere. Ora, perduta questa battaglia e con il ghiaccio artico in palese ed allarmante ritiro, il focus si centra sul ripetere che cresce il ghiaccio marino in Antartide, senza tenere conto degli studi recenti che mostrano che il volume del ghiaccio antartico a sua volta è in diminuzione – e probabilmente sta in parte cadendo in mare.

In ultima istanza, queste discussioni – che sicuramente torneranno ad emergere nel contesto di questo post – non cercano di convincere, ma di seminare il dubbio nell'opinione pubblica in modo che si paralizzi qualsiasi azione efficacie per frenare l'emissione di gas serra. Di fatto, ripetutamente si tenta di porre il dibattito in termini di accusa-difesa e non secondo il principio di precauzione. In questo modo, si ottiene che l'opinione pubblica interiorizzi che si deve dimostrare la colpevolezza dell'industria inquinante oltre ogni ragionevole dubbio, senza capire che in realtà siamo tutti questa industria inquinante e che non si tratta di giudicare, ma di evitare un male più grande. Come siamo arrivati a questo? Perché questa perseveranza nel mantenere un corso chiaramente dannoso per la nostra specie e la nostra continuità sul pianeta? Cos'è che c'è in gioco?

Siamo franchi. La verità è che tentare di adattare il mercato ai limiti reali del mondo implica diminuire la ricchezza. Non c'è la pallottola d'argento, solo diminuzione della ricchezza. Le energie rinnovabili, che gli entusiasti pongono come alternativa, non hanno la capacità economica dei combustibili fossili e probabilmente senza di essi non sono redditizie; dopo tanti decenni di prova di queste tecnologie, gli investitori sanno già cosa danno di per sé e per questo non scommettono su di esse, si ribellano anche contro coloro che le vogliono imporre argomentando i lor probabili benefici economici. Dobbiamo essere sinceri con noi stessi: non ci sono. Non è nei termini classici, nell'ottica del beneficio economico che dobbiamo fare i cambiamenti. Li dobbiamo fare perché la vita su questo pianeta non sarà possibile se non teniamo conto di queste esternalità. E accadranno, a prescindere da quello che faremo, che lo vogliamo o no, perché i combustibili fossili non possono già più seguire il nostro ritmo, perché questa crisi non finirà mai.

Una volta ho letto (anche se non riesco a recuperare la fonte) che qualche anno fa, forse cinque, c'è stata una riunione di esperti del Regno Unito per parlare delle misure necessarie per la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico. C'era un dibattito infiammato fra scienziati ed attivisti, che dicevano che il Regno Unito dovrebbe ridurre le proprie emissioni di CO2 del 80% prima del 2050, ed i rappresentanti dell'industria, che dicevano che una cosa del genere presupporrebbe una perdita di competitività tanto grande per il Regno Unito che distruggerebbe la sua industria. E tutta la discussione si centrava su quale modello economico si dovrebbe mettere in moto per garantire la piena occupazione e la competitività, con un'adeguata frazione rinnovabile nel mix, combinata con risparmio ed efficienza. A un certo punto, hanno chiesto ad un rinomato ambientalista, un uomo già anziano ma forte di spirito, un uomo che si manteneva giovane andando ovunque in bicicletta e che fino a quel momento si era mantenuto ai margini della discussione: “A cosa somiglierebbe, secondo te, un Regno Unito che avesse diminuito le proprie emissioni di un 80%?”. Con sorpresa di molti, il rinomato ambientalista ha detto, imperterrito: “Il Regno Unito somiglierebbe ad un paese povero del Terzo Mondo”. Il fatto è che è questa la realtà, disgraziatamente. Se non cambiamo il modello economico, se non riformuliamo le relazioni produttive e di consumo, la nostra inevitabile discesa energetica ci porterà ad una povertà estrema ed alla crescita di enormi sacche di esclusione sociale.

Sta qui la vera ragione di questo accanimento contro la scienza del cambiamento climatico e il disprezzo verso le esternalità in generale, al di là delle prove scientifiche. I più convinti dal libero mercato si ribellano, anche in buona fede, contro qualcosa che pare loro un'insensatezza. E lo è veramente, dalla prospettiva di breve termine del paradigma economico attuale. E' per questo che non si convinceranno mai gli economisti con tali argomenti. Sono stati educati per un'economia senza limiti di risorse e senza conseguenze nell'ambiente, e tale educazione non serve più nella nuova era, l'era dei limiti, l'era delle conseguenze.

Saluti.
AMT.