sabato 5 dicembre 2009

Siamo tutti incompetenti

Ripropongo questo post, pubblicato 17 maggio 2008 sul blog di ASPO-Italia. Me ne ha dato l'ispirazione la recente lettera di Pier Luigi Celli al figlio. Celli è uno che insegna - mi sembra di capire - ai manager come devono fare il loro mestiere. Penso che sia molto difficile, e la lettera dove Celli consiglia al figlio di lasciare l'Italia ha l'aria di confermarlo.

di Ugo Bardi




"Dilbert", la striscia creata da Scott Adams, genera il suo umorismo dall'incompetenza rampante in ufficio.
"Il nostro piano di salvataggio di emergenza" "AIUTO, AIUTO!"


Anni fa, la morte del professor S. mi fu annunciata da uno dei suoi allievi. "Povero professor S.", mi disse, "ci teneva tanto ad arrivare a pubblicare mille articoli, e invece non c'è riuscito." Da allora, mi è rimasta in mente l'immagine dell'anziano professore sul suo letto di morte che, con occhi spiritati, pronuncia le sue ultime parole, "Soltanto 999......."

Questa storia da una certa idea dell'importanza che gli scienziati danno alla pubblicazione di articoli scientifici, una cosa che in inglese si dice a volte con l'espressione "pubblica o muori" ("publish or perish"). Il numero di articoli pubblicati, e il numero di citazioni che ricevono in altri articoli ("impact factor") è oggi quasi il solo criterio di giudizio per la carriera di un accademico.

Tuttavia, ci possiamo anche domandare se questo sia veramente un criterio per giudicare la competenza di un accademico. Pensando al caso del buonanima professor S., certamente era competente nel mestiere di pubblicare articoli scientifici; ma era veramente un bravo scienziato? Forse, ma va anche detto che i suoi lavori non hanno lasciato traccia nella scienza, nemmeno nel campo specifico in cui lavorava. Possiamo dire che perlomeno insegnava bene ai suoi studenti? Mah? Questo certamente non dipende dal numero di articoli pubblicato.

Ho il dubbio che il caso del prof. S. non sia isolato e che molti accademici passino la loro vita a pubblicare articoli, senza preoccuparsi troppo che quello che pubblicano sia utile a qualcun altro. Quello degli accademici e della loro ossessione con il "publish or perish" è solo uno dei casi in cui la competenza di qualcuno viene calibrata su elementi che poco hanno a che fare con la capacità di quel qualcuno di far bene il suo mestiere. Pensate a uno studente che viene giudicato dalla capacità di ripetere quello che ha letto nelle dispense; ma ha veramente capito quello che ha studiato? Oppure pensate a quante volte si giudica qualcuno in base al numero di ore che sta in ufficio, o un manager sulla base della sua capacità di fare buone "pubbliche relazioni" Per quanto riguarda l'incompetenza in ufficio, vi potete leggere le strisce di "Dilbert" che sono molto divertenti perché, alla fine dei conti, quello che raccontano non è poi tanto diverso dalla realtà.

Un caso eclatante di incompetenza dirompente è quello dei politici, di cui più o meno si lamentano tutti. Non c'è da stupirsene troppo. La competenza di un politico di successo sta tutta nel riuscire a farsi eleggere. Questo implica essere in grado di raccogliere le risorse economiche necessarie per una campagna elettorale e apparire in TV dicendo cose banali con la massima serietà. Quanto poi a essere bravo a amministrare la cosa pubblica, beh, questo ha importanza soltanto per l'elezione successiva e comunque viene presto dimenticato nella nuova campagna elettorale.

Perché questa incompetenza dilagante? Beh, probabilmente c'è una ragione abbastanza semplice. Il mondo diventa sempre più complicato, mentre le nostre teste rimangono quelle che sono. E' già difficile fare la ricerca scientifica, figuriamoci amministrare un comune, una regione, o un paese di quasi sessanta milioni di persone. Certo, però, qualche volta mi sembra che ci sia anche chi esagera....